Febbraio 2015

Leonardo Di Caprio contro gli Oscar | di Ferdinando de Martino | Malaproduction87

Rec 02 - Leo contro gli Oscar

Leonardo Di Caprio tuona dichiarazioni infiammate dal suo yacht attraccato alle Maldive a ridosso dell’ottantasettesima edizione degli Academy Awards.

-Non è roba che mi riguarda, gli academy intendo, io sono un attore e mi occupo di cinema… quello è solamente business.- dice l’attore, durante la vacanza presa dal set in cui starebbe lavorando assieme all’ormai fraterno Scorsese.

Non si risparmia nemmeno sui rumors che imperterriti continuano a descriverlo come il nuovo boyfriend della cantante Rihanna -Non capisco proprio di cosa stiamo parlando. Mi stai chiedendo se per caso stia uscendo con Rihanna? È questo che vuoi sapere… credevo fossi un giornalista e non una liceale.-

L’attore sembrerebbe accusare il giornalista statunitense Mc Briant (N.Y. Post) di fare gossip, quando si potrebbero trattare argomenti d’attualità come il rispetto per l’ambiente e la salvaguardia della barriera corallina.

-Di recente ho finanziato una corsa automobilistica costituita da autovetture esclusivamente alimentate ad idrogeno per sensibilizzare il popolo americano, ma se tu preferisci sapere se Rihanna è brava a letto… sì, è fottutamente grande a letto.- e ancora -Per anni ho sofferto su quella maledettissima poltrona, sperando che quella sarebbe stata la volta buona e niente. Quella statuetta non la riceverò mai e sai cosa ti dico… non me ne frega niente. Tenetevi pure le vostre statuette… io ho Rihanna.

L’attore cita anche il nostro cinema.

-Fellini era idolatrato in Italia e in America, ma quelli erano altri tempi… adesso il popolo americano volterebbe le spalle a “La dolce vita”, per guardare il seguito di Transformers. Io ho studiato ogni forma di cinema, amo il cinema polinesiano, quello argentino… insomma, il mio lavoro è un continuo studiare e studiare. Fellini è stato un genio, Benigni ha vinto l’Oscar, ma per ogni benigni esistono decine e decine di attori che agli academy non hanno nemmeno mai sentito nominare e che invece meriterebbero la loro fottutissima stella sulla Hall of fame, affianco a quella di Brando. Penso ad attori come Jerry Calà e Renato Pozzetto che in “Ragazzo di campagna” ha regalato una delle migliori interpretazioni  che il cinema abbia mai visto. Per quanto riguarda Calà, “Professione vacanze” è una delle mie serie preferite, di recente ho acquisito i diritti per farne una trasposizione americana…ovviamente lo staff originale sarà sul set assieme a me per seguire la troupe nei minimi dettagli. Il mondo dell’intrattenimento video viaggia alla velocità della luce e capire i nostri limiti e le nostre priorità è semplicemente una questione di sopravvivenza. Non me ne frega niente di quella statuetta. Io lavoro nell’arte e non nello show-business.

Ferdinando de Martino per Malaproduction87. Almost interview.

50 Sfumature di un disastro | di Ferdinando de Martino | Malaproduction87

Rec 01 - 50 Sfumature di grigio

Cercherò di essere il più pacato possibile nel recensire questo “capolavoro”, tratto a sua volta dal “capolavoro” letterario “50 sfumature di Grigio”.

Partendo già dal titolo che traslitterato in italiano perde ogni senso a meno che non si traduca anche il cognome di Mr. Grey in Signor Grigio… ma procediamo con ordine:

1) FATTORE EROTISMO: 50 sfumature di grigio non è letteratura erotica o perlomeno non lo è  per chiunque abbia letto un libro o visto un film erotico. L’erotismo è l’insieme di tutto ciò che crea una forza attrattiva verso l’oggetto del nostro desiderio e, esattamente come un muscolo, questo meccanismo sviluppa una sorta di assuefazione al desiderio stesso che deve essere nutrito con nuove tipologie di erotismo. Per questo chi ha letto “Gamiani” o un qualsiasi romanzo rosa, non apprezzerà mai un prodotto così scadente dal punto di vista del contenuto.

2) FATTORE S&M: Gente, ciò che avete visto non è assolutamente sadomaso, quanto più del sesso normalissimo e (se proprio vogliamo dirla tutta) anche un po’ scialbo. Probabilmente a qualche donna molto, molto, molto, molto repressa potrà sembrare trasgressivo ma per quanto mi riguarda ciò che ho visto è lontano anni luce dal significato di sadomaso. Credetemi, lo schiaffo nella pecorina non è sadomaso è una cosa normalissima e se credete che Mr Grey sia trasgressivo, probabilmente siete le donne più frigide del pianeta.

3) FATTORE FOTOGRAFIA: La fotografia del film mi è piaciuta, l’ho trovata sempre immersa nel giusto contesto e mai banale. La fotografia è a tutti gli effetti l’unica cosa accettabile dell’intero film.

4) FATTORE DIALOGHI: Gli americani hanno dei dialoghi tremendi perfino nei grandi capolavori, figuratevi in un film dozzinale tratto da un romanzo dozzinale  che credetemi… non è letteratura, quanto più il surrogato cartaceo di un vibratore per frustrate.

5) FATTORE LIBRO: Non ho letto il libro e nonostante non sia un Nazista letterario, non ho intenzione di farlo, perchè quei pochi e scarsi rudimenti di psicologia in mio possesso mi permettono di leggere l’intera saga nella mia testa. Mi spiego meglio… il libro in questione è stato scritto da una donna la cui “istruzione in casa” ha inciso profondamente sull’intera struttura dell’opera. Rifletteteci… una persona istruita privatamente soffrirà di svariati complessi relativi a tutte le esperienza perse al tempo della scuola ed inizierà ad ammazzarsi di biscotti e cioccolata, sognando di essere sculacciata ad ogni boccone. Perchè il sadomaso? Semplice i genitori ti impediscono di andare a scuola e vivere la tua vita, allora cominci a mangiare per punirli ma loro non se ne accorgono e tu… tu vorresti solamente essere sgridata; così, almeno avresti la certezza di aver fatto arrivare ai tuoi familiari un messaggio preciso. Il messaggio tuttavia non arriva, i biscotti aumentano e il numero di pagine sale; crei il tuo Mr. Grey ed è fatta. In pratica è la storia di Leopardi, talento letterario a parte.

6) FATTORE SCANDALO: Fattore scandalo? Non si vede nemmeno un pene… ma di che cosa stiamo parlando?

 

Giudizio finale: disgusto per il genere umano.

 

Ferdinando de Martino per Malaproduction87.

Infinite Jest. Lo scherzo infinito del più grande genio del nostro secolo.

Tempo fa scrissi un articolo su Infinite Jest, libro che mi accingevo ad iniziare con una carica emotiva simile a quella di Teseo contro il Minotauro.

Sostanzialmente Infinite Jest è esattamente quello: un minotauro di carta stampata che si perde nelle stradine dissestate dei labirinti della narrativa.  Proprio all’interno dell’opera è David Foster Wallace ad offrirci una sorta di filo d’Arianna per meglio interpretare ciò che accade all’interno del libro (il calendario del tempo sponsorizzato).


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Partiamo dal principio.

Leggere questo libro è stata una delle esperienze più complesse della mia vita per svariati motivi che andrò ad elencarvi qui sotto:

1) Mi ha costretto a non leggere altro per sette mesi (non consecutivi).

2) La difficoltà nell’estrapolare dalle singole storie raccontate, il nesso che riconducesse le suddette storie all’interno della trama estremamente particolare del romanzo è senza pari.

3) La rabbia ha giocato un ruolo centrale nella lettura del romanzo, rabbia vera e propria nel vedersi giornalmente sconfitti da un genio senza pari, rabbia nel non riuscire a dedicare al libro tutta l’attenzione che meriterebbe, rabbia per non essere in grado di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle, rabbia per tutte le note che ti troverai a leggere e rabbia verso quello strano senso di oppressione che il libro genera in chi lo legge.

4) L’alienazione a cui porta la lettura compulsiva delle pagine è del tutto simile alla paranoia, quindi  posso asserire di aver vissuto sette mesi della mia vita in uno stato paranoide.

5) Descrivere alla gente cosa si sta leggendo è praticamente impossibile.

Infinite Jest è un romanzo distopico, un giallo, un horror, un libro drammatico, un libro sulla verità e un libro sulla menzogna, un libro sulla FAMIGLIA e un libro su tutto il genere umano. La capacità dello scrittore di analizzare le singole e singolari mentalità dei personaggi è totalmente disarmante, in quanto dietro ad ogni riga del libro possiamo trovare una purezza di fondo simile a quella di un neonato e una cattiveria cruda e ai limiti del surreale.

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Personaggi come Joelle (La Donna Più Bella Del Mondo) con il volto perennemente coperto, come Hal incandenza con il suo mutismo emotivo ed alienante e personaggi spiazzanti come Mario Incandenza, rendono l’opera un vero e proprio classico contemporaneo, capace di stregare i lettori, incantando la loro mente. Molte persone sembrano quasi spiritate quando parlano di Infinite Jest, proprio perchè il libro stesso rappresenta una sorta di percorso spirituale all’interno dei noi stessi che vivono negli altri; lo so, lo so… probabilmente non riuscirete a capire tutte queste elucubrazione, ma è praticamente impossibile parlare di un libro come questo senza perdersi in divagazioni alienanti.

L’unico parallelismo che ho trovato all’interno dell’opera è quello con la serie americana Twin Peaks, serie di cui Wallace ha parlato ampiamente all’interno di “Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più)”, essendo un noto estimatore dell’opera Lynchana. Ovviamente la mia è e rimane solamente una piccola elucubrazione, ma ho sentito l’eco narrativo del “BOB” di Twin Peaks più volte in una delle tante questioni irrisolte che ruotano attorno al personaggio di James Incandenza.

Ad oggi posso asserire con tutta tranquillità che Infinite Jest è, probabilmente, il miglior libro che sia mai stato scritto, seguito a ruota da Anna Karenina di Tolstoj (autore citato anche in Infinite Jest), nella mia personale classifica mentale.

Per concludere… anzi, perchè concludere un articolo su Infinite Jest?

 

Ferdinando de Martino.

 

L’italiano medio di Maccio Capatonda | Di Ferdinando de Martino | Malaproduction87

 

 

 

 

Italiano Medio

Quando un fenomeno mediatico con una fan-base forte ed omogenea riesce ad arrivare al pubblico mainstream, rischia di tirarsi addosso l’ira delle divinità del settore, fan e media.

Per analizzare “Italiano medio” (Maccio Capatonda, Italia 2015) bisogna focalizzarsi esclusivamente sul prodotto finale, destrutturare la pellicola e infine concentrarsi sul fenomeno di costume che ne consegue.

Soffermarsi sul prodotto è estremamente difficile, in quanto questo condensa al suo interno l’intera opera di Maccio Capatonda (soprannome di Marcello Macchia), tuttavia perfino questo modus operandi potrebbe definirsi citazionistico. Il riciclaggio di battute, scenette e trame ha dato vita nel 1988 al film The Naked gun: From the Files of Police Squad! (in italia tradotto in “Una pallottola spuntata”). Non tutti sanno infatti che la famosa pellicola, capitolo iniziale dei successivi film, nasce da una serie televisiva di culto che tuttavia non riusciva a fare i numeri del cinema.

Il film di Marcello Macchia tenta più e più volte di sottolineare l’ironia di fondo che contraddistingue l’italiano che riempie la sua vita di mediocrità in ogni sua forma, nutrendo il cervello con libri dozzinali, trasmissioni spazzatura e politica da bar. È sicuramente difficile scendere in questo campo in una terra che ha già vissuto le pellicole di Nanni Moretti ma giocare di strategia, spesso, è l’unica arma a disposizione di un artista. All’interno della sala cinematografica in cui ho visionato Italiano medio, il pubblico pagante non aveva nemmeno mai sentito nominare “questo Nanni Moretti”, ed è proprio in quel pubblico che si nasconde la genialità dell’autore.

Più che un film, italiano medio è un fenomeno sociologico, un esperimento di massa in cui il pubblico della sala deride se stesso, senza accorgersene minimamente. Le pettinature dei personaggi presi in giro all’interno della pellicola, i vestiti e gli atteggiamenti erano perfettamente riconoscibili sulla quasi totalità delle persone in sala, persone che probabilmente non avranno nemmeno colto le svariate citazioni: Arancia meccanica, Limitless, Fight-club e Una pallottola spuntata su tutte.

Quando il pubblico è disposto a pagare per vedere la propria figura denigrata e violentata sul grande schermo, ci troviamo davanti ad un desidero masochista del nostro subconscio; il desiderio meta-visivo di entrare in un contesto, a scapito del contenuto. Basti pensare alle persone che firmano le liberatorie per apparire tra gli esclusi di X-Factor, pronti a farsi deridere dal paese pur di apparire almeno una volta in quello schermo a copertura nazionale.

Il lungometraggio non è deludente, io per primo ho riso come non ridevo da molto, si tratta di un prodotto leggero, divertente ed in linea con la tipologia di film che riesce a far ridere il pubblico italiano. L’unica differenza tra questo film e un cinepanettone è che questo prodotto tende ad ironizzare sul pubblico dei film commedia-natalizia, sebbene si tratti dello stesso identico range di spettatori.

Ferdinando de Martino per  Malaproduction87.