Divagazioni di un viaggiatore del Karma | Non ho mai visto le teste dell’Isola di Pasqua e ne sono fiero |

pasqua

Certe volte abbiamo bisogno delle divagazioni.
Divagare è la Costa Smeralda di chi non ha un cazzo di niente. I ricchi prendono le loro anime stanche e se le portano in posti esotici, davanti a panorami spettacolari ed inimmaginabili.
Conoscevo un tizio che aveva visto dal vivo le teste dell’Isola di Pasqua. Ora, non so come spiegarlo senza sembrare la persona più chiusa dell’universo, ma perchè qualcuno sano di mente dovrebbe provare interesse a vedere le teste dell’isola di pasqua? È una cosa che non riuscirò mai capire.
Io di grosse teste di cazzo ne ho viste abbastanza nelle mie vite precedenti e se fossi un ricco, sicuramente non spenderei tutti quei soldi per andare a vedere delle teste conficcate nella terra.
Non riesco proprio ad immedesimarmi o a provare empatia per quella gente. Loro si alzano, fanno le valige, controllano le loro azioni in borsa, pillolina per curare il jet lag, aeroporto, taxi, albergo, cenetta etnica per sentirsi parte del luogo, consumando l’intero fabbisogno dell’isola in una sola portata, notte, escursione e grosse teste di cazzo conficcate nell’erba.
No… non riuscirò mai a sintonizzarmi su quelle frequenze. Mi sento come una vecchia radiosveglia in un mondo di iPod.
Forse sono solamente un personaggio di un romanzo di serie B, imbruttito dalla solitudine, cresciuto in cattività sentimentale e sempre in allerta, come un cane maltrattato.
Viaggiano, corrono, cercano. In parole povere: scappano.
Ecco, la mancanza del coraggio credo che stia alla base della loro voglia di fuggire in continuazione, perchè mi rifiuto di pensare che qualcuno voglia realmente guardare negli occhi quelle maledettissime teste di pietra, quando in Vaticano abbiamo la Pietà di Michelangelo.
Cercano il coraggio in mete esotiche, lo cercano nei cocktail con gli ombrellini e nelle spiagge immacolate. Mi viene in mente il leone di Dorothy.
Anche quelli come noi scappano, solo che lo fanno in maniera diversa. C’è ancora chi si mette sul terrazzo a guardare le finestre degli altri, domandandosi se anche loro provano quel vuoto dentro. Perchè il grande interrogativo non è: siamo soli nell’universo? Ma: siamo davvero tutti soli?
Ho sentito le storie più belle, raccontate dalle bocche più malconce e sdentate. Ho amato donne bellissime, solamente perchè in tutta la mia vita non ho mai avuto le palle di conoscere veramente una donna nell’anima, apprezzandone le doti umane, prediligendo a queste un bel faccino e un corpo da modella.
Sono stato tutto quello che odio e cerco di scontare giornalmente il mio purgatorio personale, lottando contro me stesso e contro tutte quelle canzoni demoniache che mi risuonano nel cranio.
Mi ritrovo spesso davanti ad uno schermo vuoto, consapevole del fatto che non si riempirà da solo e questo mi terrorizza a morte. Questo è il problema di chi sceglie un mestiere che potrebbe esaurire le sue batterie da un momento all’altro.
Non ho mia preso un aereo, perché sono talmente terrorizzato dall’idea di affidarmi ad un altro essere vivente in alta quota, da non sentire ragioni.
Ho riflettuto molto sul mio lascito cartaceo e non sono soddisfatto, ma questo credo che sia l’unico modo per alimentare le batterie di cui parlavo prima.
Non ho mai visto le teste dell’Isola di Pasqua e ne vado fiero. Non so perchè, ma è così.
Per certi versi sono ancora quel ragazzino del liceo, terrorizzato e spaurito, che gli altri non sceglievano per giocare a pallone e se potessi decidere nuovamente da che parte stare, sceglierei di nuovo la mia, perchè senza tutta la merda che sono stato costretto ad ingoiare, non avrei mai fatto della mia passione il mio lavoro.
Cosa mi ha insegnato questo stile di vita completamente folle? Mi ha insegnato a lavorare con una rivoltella puntata alla testa e questa è una cosa che non tutti possono vantare nel loro curriculum.
Ho provato a spiegare più e più volte il senso di smarrimento di una generazione a cui i sociologi non hanno trovato un nome migliore di “generazione x” e credo di non esserci ancora riuscito, proprio perchè quel senso di smarrimento è talmente radicato in me, da non farmi prendere niente sul serio.
Non è tranquillità zen… è che ci stiamo tutti cagando sotto.

 

 

Ferdinando de Martino.