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Uno scrittore contro SCIENTOLOGY. di Ferdinando de Martino

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Eccomi qua, un tempo le giornate di uno scrittore erano suddivise in metodiche bevute, chiacchiere assordanti ed attimi di segregazione spirituale davanti alla tastiera.

Come molti di voi sanno, ho da poco terminato un nuovo romanzo, attualmente in fase di correzione, revisione ecc. ecc. e quindi, ho ripreso la mia attività di blogger. Attività pagata qualche misera manciata di centesimi che regala al piccolo pubblico di questo portale, molti racconti gratis e articoli.

Il pubblico è libero di leggere i miei racconti gratuiti o di acquistare i miei libri, questo fa si che la mia carriera e tutto il mio operato sia gestito esclusivamente dal sottoscritto, in quanto questa su cui vi trovate in questo momento non è una testata stipendiata da qualche ente, privato o pubblico che sia; questo sito, vive sui libri che comprate, sui racconti che leggete e sulla pubblicità che fate se e quando ri-postate i miei articoli. Credetemi, non ci si fanno i milioni.

Essendo libero da impegni contrattuali, sono automaticamente libero di scrivere qualsiasi cosa mi passi per la testa, come ad esempio l’articolo su L. Ron Hubbard(http://linfernale.altervista.org/l-ron-hubbard-scientology-dianetica-narconon-minnie-topolino/), articolo che ha attirato alcuni esponenti della cricca di Scientology.  Ovviamente ho risposto agli insulti e agli attacchi verbali alla mia persona, postando le mail che giudicavo corrette e non postando quelle che giudicavo non adatte al pubblico.

Per mail “corrette” intendo ovviamente quelle che esprimevano un opinione contrastante alla mia, opinioni che accolgo da sempre volentieri, mentre per “non corrette” intendo quelle troppo volgari, nonostante abbia inserito anche una mail abbastanza “colorita” veniva espresso il singolare parere  -chi muove certe critiche dovrebbe essere defenestrato dal ventesimo piano-.

Ho avuto ad esempio occasione di discutere bene con alcuni e male con altri. Questo è il web e questo il giornalismo 2.0. fatto dai blogger e dagli scrittori che spesso sono mossi, al contrario dei giornalisti di professione, dalla semplice passione.

Personalmente sono è rimango uno scrittore che si diverte da anni a gestire un blog che quasi sempre produce materiale GRATUITO per i suoi lettori, come ad esempio la mia nascente serie Giallo Fascista (/http://linfernale.altervista.org/giallo-fascista-episodio-1-audioromanzo/).

Avendo, però, aperto un portale pubblico in cui spesso mi occupo di giornalismo letterario e non, sarò sempre pronto al confronto con associazioni che non rispettano quella che secondo me è l’etica tolstoiana della mia visione del mondo. Visione che, appunto, rimane mia e quindi… opinabile.

Non saranno di certo delle multinazionali del pensiero New Age ad intimorirmi, defenestrazioni a parte. Buona vita a tutti.

Ferdinando de Martino.

 

per comprare i miei libri :

LUCI SPENTE: http://ilbaccanalediferdi.altervista.org/blog/il-mio-ultimo-romanzo-luci-spente/

IL DEBILION: http://ilbaccanalediferdi.altervista.org/blog/per-comprare-i-miei-libri/

IL LIBRO DELLE STREGHE: http://ilbaccanalediferdi.altervista.org/blog/il-libro-delle-streghe/

PER LEGGERE TUTTI I MIEI RACCONTI :

http://linfernale.altervista.org/bibliografia-approssimata-racconti-romanzi/

 

L. Ron Hubbard, Scientology, Dianetica, Narconon, Minnie e Topolino

Oggi voglio esprimere la mia personale opinione sullo scrittore statunitense Lafayette Ronald Hubbard (Tilden, 1911- Creston, 1986), fondatore del movimento di Scientology.

Eviterò di parlare della vita familiare dello scrittore, soffermandomi di più sulla carriera di… di… beh, è molto difficile definire un personaggio come L.Ron Hubbard.

Personalmente giudico Hubbard alla stregua dei venditori di farmici miracolosi per la ricrescita dei capelli che in passato popolavano le piazze dei piccoli paesi. In parole povere, ho sempre reputato le teorie del padre della Dianetica, semplici sciocchezze scritte con talento.

Cercherò di esprimermi senza offendere nessuno, cosa molto difficile, in quanto quando si parla di Scientology, si finisce irrimediabilmente a parlare dei morti fatti dai centri di disintossicazione Narconon e annessi.

La Dienetica, esattamente come la “Bibbia nera” di Anton Lavey, è un libro che riesce a far presa su chiunque abbia letto poco, nell’arco della sua vita.

Come molte altre filosofie, quella di Hubbard, mette l’uomo al centro di tutto, facendo credere a questo che l’immenso potere al suo interno è solamente un potenziale inespresso che, una volta gestito al meglio, potrà regalargli una vita stupenda.

Ma come si fa ad imparare a gestire il proprio io, per migliore il proprio thetan ( il thetan è secondo Scientology, quello che i cattolici chiamano spirito)?

Semplice, bisogna pagare. Infatti, secondo Scientology, i poveri non possono divenire thetan operativi (O.T.).

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Per far parte di Scientology, bisogna accettare un lento processo di “dai tutti i tuoi beni fino a smembrarti”, il tutto ovviamente per migliorare la tua persona attraverso dei test realizzati con apparecchiature “scientifiche” che farebbero ridere perfino Pippo e Topolino.

Passiamo oltre…

Ebbene sì, perchè la divinità intergalattica Xenu, con il suo Jet Pack interstellare non è il top di Scientoloy… no, ci sono anche i centri di disintossicazione Narconon.

I centri di disintossicazione Narconon utilizzano per la disintossicazione dell’individuo, la tecnica della “detossificazione” ovvero il metodo del “purification roundown”; nomi altisonanti che consistono nel dare delle semplici vitamine ai tossicodipendenti.

Capito? Vitamine…

Perchè un tossico che assume regolarmente eroina da dodici anni, può ovviamente tornare in sesto con un po’ di vitamina C e tanti sorrisi.

Chiaramente queste tecniche, totalmente inefficaci, hanno fatto dei morti e curato una percentuale nulla di pazienti. Si stima infatti, grazie ad un meta-studio del 2008 che non esiste nessuna ricerca che attesti una qualsivoglia scientificità nelle tecniche utilizzate dai suddetti centri, facenti parte di quella meravigliosa famiglia che risponde al nome di Scientology.

Ferdinando de Martino.

Troppo terrone per gli americani, troppo americano per gli italiani. JOHN FANTE.

John Fante (Denver 1909, L.A. 1983) è stata la voce di una di quelle americhe impegnate a sopravvivere all’incubo americano, in un mondo in cui non si faceva altro che parlare dell’America e del suo sogno.

I suoi lavori, carichi di rabbia e vittimismo, sono una denuncia all’animo umano con la sua debolezza e la sua forza intrinseca.

Italiano d’origine, non riuscì mai a superare il suo dramma personale di “terrone” americanizzato.

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Il suo romanzo d’esordio sarà Aspetta primavera Bandini, sebbene “La strada per Los Angeles” risulti a tutti gli effetti il primo lavoro scritto dall’autore.

Questo ciclo si conclude con il capolavoro assoluto “Chiedi alla polvere”, opera che lo consacra tra i mostri sacri della letteratura mondiale.

Il lavoro di Fante è una continua beffa ai danni del buon senso di una nazione talmente grande da non riuscire a concentrarsi sulla piccolezza dei suoi abitanti. Il tema centrale del suo immaginario è proprio quell’America che tanto amava e tanto odiava, mentre in lontananza vi era un’Italia che non era mai riuscito realmente a vivere.

Troppo terrone per gli americani e troppo americano per gli italiani.

Costretto a scrivere sceneggiature per mantenere la famiglia, non abbandonerà mai la sua attitudine narrativa, sfornando lavori come “La confraternita dell’uva” e a “Ovest di Roma”.

La riscoperta delle sue opere, avviene quando in età avanzata, cieco e costretto sulla sedia a rotelle per via dell’amputazione delle gambe a causa del diabete, lo scrittore Charles Bukowski costringe la sua casa editrice a ristampare le opere di Fante.

Grazie al gesto di Bukowski, Fante rivive una parvenza di quel successo che in vita non ottenne mai realmente, nonostante la cruda bellezza dei suoi libri.

Fante apparteneva a quella tipologia di scrittori capaci di ispezionare l’animo umano con un sorriso beffardo sulle labbra. Un sorriso classico di noi italiani. Il sorriso di Fante, davanti a tutti quegli yankee privi di talento.

WILLIAM BURROUGHS. Chi ha detto che gli scrittori sono noiosi?

Spesso ci si immagina gli scrittori come dei semplici topi di biblioteca, perennemente rintanati nella loro stanzetta buia, intenti a sollevare le pagine di vecchi tomi impolverati. Questo non è il caso di William S. Burroughs, lo scrittore che divenne il padre spirituale della Beat Generation.

William S. Burroughs nasce a Saint Louis nel 1914 e muore a Lawrence nel 1997. La sua carriera di scrittore e saggista statunitense è stata in pratica sovvenzionata dalla sua famiglia, per la quasi totalità della sua vita.

Tutti gli esponenti della Beat Genetration, da Jack Kerouac e Neal Cassady, sino ad arrivare ad Allen Ginsberg, avevano imparato qualcosa da Lui, il grande padre pazzo di quella combriccola d’intellettuali che riuscì a cambiare il mondo della letteratura.

La differenza tra William Burrougs e il resto dei letterati è sostanzialmente la pazzia. Ricordiamo che a soli venticinque anni, lo scrittore decise di recidersi l’ultima falange del mignolo, ma ovviamente questa “stranezza”, nell’immaginario caotico dello scrittore americano, passa in secondo piano, cedendo il podio all’uxoricidio.

Durante una delle tante serate passate all’insegna di eroina e amfetamine, Lo scrittore decise d’improvvisarsi novello Guglielmo Tell, piazzando sul capo della moglie una mela che (secondo le sue previsioni) avrebbe sicuramente centrato. Beh, nel caso ve lo steste chiedendo… non centrò la mela.

La poetica di Burroughs è incasinata, complessa e non di facile scorrimento. Lo scrittore americano Charles Bukowski, descrisse Burroughs come lo scrittore più noioso d’America.

Le letture di Burroughs, spesso saggistica sui codici Maya e vari libri di speculazione scientifica, tracciano uno strano background culturale dell’artista. I suoi libri sembrano scritti per metà da un professore di Harvard e per metà da un gangster degli anni venti.

Tossicomane, omosessuale, assassino, criminale e meraviglioso scrittore. Tutto questo era l’autore di Jukie (la scimmia sulla schiena).

Osannato dalla cultura hippie e spesso associato ad essa, durante un intervista disse -Non potrei mai essere un hippie… io i fiori ai poliziotti li lancerei, ma con tutto il vaso.-.

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Mentre gli scrittori rattrappiti di mezzo mondo s’interessavano di letteratura, Burroughs ingurgitava funghi allucinogeni in giacca e cravatta, per farsi una personale cultura sulla telepatia; in fin dei conti non c’è da stupirsi che fosse dieci anni avanti a tutti.

Il Pasto Nudo, rimane nella mia personale classifica, il secondo libro più bello che abbia mai letto.

Scrittori 2.0. MARCELLA NARDI.

Quando si bazzica per il web si possono trovare milioni di informazioni. È esattamente questo il web: milioni e milioni di contenuti che viaggiano nel cyberspazio alla velocità della luce, sovrapposti tra loro con come unico filo conduttore il traffico dati.

L’avvento di queste nuove tecnologie permette a tutti di scrutare l’opera di uno scrittore, analizzandone i vari aspetti. Tutto questo ha portato ovviamente ad un via vai di forsennati della tastiera, pronti a piazzare sul web ogni loro idea, sperando di tramutarla in qualcosa di grande e geniale; inutile dire che quasi tutti questi progetti finiscono per dimostrarsi solamente dei fuochi di paglia.

In questa rubrica vorrei analizzar, l’operato di scrittori che mettono nel loro lavoro tutta la loro ambizione e soprattuto i loro buoni principii.

Ad esempio, tempo fa, tramite uno dei gruppi Facebook che utilizzo per informarmi sui talenti del web mi sono imbattuto in Marcella Nardi.

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Marcella Nardi, autrice del libro “Medioevo in Giallo”, silloge divisa in quattro racconti, partoriti dalla penna della scrittrice tarantina, trasferitasi a Seattle.

Così, dalla patria di Jimi Hendricks e Kurt Cobain, l’autrice italiana divulga il suo lavoro anche grazie a quella gigantesca fucina di artisti che è il web. Ma, come spiegavo solamente qualche riga fa, spesso internet produce solamente degli egocentrici narcisisti pronti a mostrare ogni pelo del proprio corpo pur di generare traffico dati, guadagnandosi una certa notorietà momentanea, basata sull’apparenza.

Marcella Nardi è l’esatto contrario di questo meccanismo vuoto e fine a se stesso; in quanto la talentuosa autrice tarantina, rappresenta il lato bello e romantico dell’editoria; basti pensare che il ricavato della sua fatica letteraria andrà devoluto in beneficenza all’associazione nazionale tumori.

Cosa dire di più, se non che certe volte il web riesce ancora a sfornare delle persone di talento e al contempo mosse da buoni principi.

Nel caso voleste approfondire l’autrice e il suo lavoro, vi lascio qui il link del suo sito personale:http://marcellanardi.com

Ferdinando de Martino.

Hornby, alta fedeltà alla letteratura.

Nick Hornby è uno di quegli artisti capaci di parlare con semplicità della vita e delle sue sfaccettature più intime, con la simpatia di una chiacchierata durante un aperitivo al bar.

Classe 1957, nato come giornalista freelance e in seguito, cresciuto come romanziere e saggista internazionale.

La peculiarità di questo scrittore è il riuscire a scavare fino all’anima delle esperienze, degli oggetti e delle persone, mantenendo un perenne tono ironico nei confronti dello sconcertante connubio tra bene e male.

La meticolosità nel descrivere i dischi in vinile in Alta fedeltà, l’amore verso il calcio in Febbre a 90 e l’ironia cinica e difensiva di About a boy, sono dei perfetti esempi della devozione che lo scrittore britannico mette da sempre nel descrivere le sue passioni.

Proprio sulla letteratura, nel 2006, scrisse un saggio (Una vita da lettore), raccogliendo i suoi articoli pubblicati dalla rivista The Believer. Il saggio, lontano dal trito e ritrito linguaggio accademico sugli autori contemporanei e non, è un vero e proprio baluardo nel panorama della saggistica letteraria inglese.

Probabilmente il passato da insegnante ha lasciato impressa in lui la capacità d’interessare il lettore/studente, trasportandolo attraverso una serie di ragionamenti atti a formare in lui un giudizio del tutto personale sugli argomenti e le vicissitudini trattate nei suoi romanzi.

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Hornby riesce a piazzare ogni suo lavoro ai vertici delle classifiche, pur mantenendo la qualità di un autore di nicchia e questo… credetemi, non è da tutti.

Come primo approccio all’autore, consiglio vivamente il romanzo Alta fedeltà, ad oggi il mio preferito dei suoi lavori.

Ferdinando de Martino.

Majakovskij e Amazon, parallelismi folli o semplici collegamenti?

Vladimir Vladimirovic Majakovskij era solito incitare il popolo ad usare i muri della propria città, per scrivere poesie al posto dei soliti e vecchi fogli di carta. Questo potrebbe sembrare folle, strano o addirittura uno dei classici gesti che gli artisti amano tanto riservare al pubblico, cercando di stupire le folle.

Nulla di più errato.

Majakovskij faceva parte di una tradizione russa di “scrittori pensatori” e sebbene, per certi versi, il forte e arcigno poeta fosse agli antipodi del tolstoismo, si può ricondurre proprio a Tolstoj, la base del ragionamento ideologico che portò l’artista ad usufruire di tale argomentazione.

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Vladimir, aveva visitato il mondo occidentale che tanto criticava, perchè in quanto studioso, aveva bisogno di conoscere alla perfezione un argomento per poterne realizzare una critica cristallina e affilata.

L’occidente, con la sua estrema commercializzazione dell’arte e il suo amore incondizionato verso gli dei del capitalismo, rappresentava per il poeta russo, l’esatto contrario del suo pensiero artistico.

Ma facciamo un breve passo indietro.

Tolstoj, poco prima del suo trapasso, donò l’intera totalità della sua opera alla Russia, rinunciando ai diritti d’autore, eliminando così la sua famiglia dal suo testamento letterario.

Il gesto dello scrittore era mirato ad ispirare gli autori del futuro a donare il proprio sapere al mondo, senza chiedere nulla in cambio. Pensiero utopico ma lodevole.

Il buon Vadimir Vladimirovic Majakowskij prese il concetto del padre di Guerra e pace e ne estrapolò il vero contenuto, come solamente lui era in grado di fare; spremendo i concetti fino al midollo.

L’arte per i tolstoiani doveva essere di tutti, ma eliminare i diritti d’autore dell’artista, lasciando però alle case editrici il guadagno era un semplice modo per farsi fregare dalle istituzioni e non aveva nulla di “anarchico” nell’intento, se non il romanticismo dell’atto di regalare il proprio operato.

Usare il muro, la staccionata o la porta, consentiva non solo all’artista di arricchire il panorama culturale della sua nazione, ma permetteva anche alla povera vecchietta, al barbone o al garzone di strada, di fruire del lavoro di un autore che non avrebbe mai potuto permettersi di conoscere.

Spesso pensiamo che autori come Majakovskij non abbiano, se non a livello artistico, lasciato niente del loro pensiero filosofico; eppure adesso io e te (caro lettore) stiamo instaurando un rapporto che svincola da ogni contratto editoriale, in un sito internet che altro non è che un muro virtuale su cui i moderni Majakovskij lasciano i loro pensieri.

Amazon che dichiara guerra alle grosse case editrici, store virtuali che aprono i battenti all’indipendente e una caterva di quotidiani online e blog, sono il lascito di un modo di pensare anarchico e alternativo che deriva direttamente da quella scuola di pensiero del fascinoso poeta con lo sguardo tenebroso e la mente perennemente assorta in un universo di lettere e sentimenti.

Magari un giorno ci accorgeremo che tutti quei poeti che abbiamo sempre snobbato, sono in realtà gli unici e veri grandi geni.

Geni che lasciamo perennemente fuori dalle grandi rimpatriate e dai tavoli contrattuali.