narrativa

Come nasce un libro ? – di Ferdinando de Martino

Ogni libro ha una genesi particolare.  Nella mente degli scrittori  c’è sempre una causa scatenante e questa è l’unica cosa che trovo interessante da discutere assieme ad un autore. Lavorando da anni nell’editoria preferisco che siano i libri a parlare, lasciando agli scrittori l’onere della scrittura.

Mi capita quindi di chiedere ai miei autori di pensare bene all’idea, a quello che si vorrebbe comunicare con un manoscritto e reputo tutto ciò estremamente interessante.

Quindi oggi non ho nessuna intenzione di ammorbarvi parlando di un libro, bensì delle motivazioni che mi hanno spinto a pubblicare il titolo ROMEO E GIULIETTA SI SONO BEVUTI IL CERVELLO.

Come potrà garantirvi Marco Peluso, un autore che frequento mediaticamente, spesso chi lavora con la scrittura finisce per impegnarsi in molti progetti, allineando questi allo studio. Nel mio caso si aggiunge anche il lavoro editoriale, ma esattamente come nella produzione dei miei spettacoli teatrali, mi avvalgo di componenti che riescono a rendere il mio lavoro un po’ più facile.

La genesi di questo libro nasce da due fattori. Il primo è legato alla produzione di racconti che molti siti di case editrici francesi regalano ai lettori per poi aggiungerne uno un po’ più lungo in una versione cartacea. Amando profondamente la linea editoriale dei nostri cugini, decisi di optare per questa metodologia ed iniziare a pubblicare una serie di racconti sul sito dell’Infernale Edizioni, lavorando a quello principale in parallelo.

Insomma, regalare dei racconti confezionando poi un libro finale mi sembra molto coerente con la divulgazione quasi open source.

Il secondo è il concetto di prigione. Ho visto, nella mia breve vita, persone con un’incredibile capacità di auto-privazione-della-libertà che mi ha sempre affascinato. La mia storia, quindi, partiva dal concetto basico del: spesso noi stessi possiamo essere il nostro peggior nemico.

Questo è il punto centrale. La storia parla di un pugile e di una cameriera. Un piccolo idillio nella periferia piemontese esploderà tra loro, mettendo in luce le sbarre delle prigioni che i protagonisti si sono costruiti attorno.

Io amo chiamare il format con cui ho pubblicato ROMEO E GIULIETTA SI SONO BEVUTI IL CERVELLO, “libro regalo”. Lavorando alle mie sceneggiature e ai miei romanzi nelle pause tra gli editing, la preparazione dei corsi della scuola e le attività gestionali è bello poter sfornare ogni tanto qualcosa per non far passare dei tempi biblici tra un romanzo e un altro.

Per acquistare il libro: LINK ACQUISTO

 

Ferdinando de Martino

Scrittura creativa | DESCRIZIONI CONVINCENTI | di Ferdinando de Martino

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Una delle regole basilari della scrittura è stata ampiamente descritta da autori come Hemingway: SEMPLICITÀ
Il problema della semplicità come concetto letterario è abbastanza particolare, perchè per quanto possa risultare ironico, non è semplice essere semplici.
Partiamo dal concetto di semplificazione.
Leviamoci dalla testa che semplificare voglia dire tagliare, no… tagliare vuol dire tagliare, mentre semplificare e una mera questione di punti di vista.
Per spiegare al meglio questa cosa, utilizzerò un semplicissimo esempio propedeutico alla semplificazione.
Nella narrativa contemporanea, la semplificazione è sinonimo di verità e tutto ciò che non risulta vero diventa automaticamente artefatto o complesso.
Ma come facciamo ad essere veri?

Prepariamo un soggetto per un incipit:

Una ragazza legge una lettera, seduta nella sua cucina.
Abbiamo il soggetto e adesso proveremo a realizzare in maniera veritiera questa scena, partendo da un modo grezzo di descrivere il tutto.

Marta stringeva tra le mani la carta porosa di quella lettera, contenente una risposta che attendeva ormai da troppo tempo.
La cucina era silenziosa, quasi come se stesse aspettando qualcosa di ancestrale.

Vedete? Abbiamo la cucina, la ragazza e la lettera; oltretutto abbiamo usato anche il termine “ancestrale”, quindi dovremmo essere dei fighi… invece, manca la verità.

Come arriviamo a ciò che è vero? Cambiando prospettiva.
Quando raccontiamo una storia, siamo davanti ad una tastiera. Questo è il primo errore: quando scriviamo una storia, dobbiamo essere all’interno della storia.

Se entriamo in quella cucina, vivremo l’ambiente, ma questo non vuol dire che dobbiamo metterci a descrivere ogni oggetto e sensazione, perchè Proust è già esistito. Quello che dobbiamo fare è vivere in maniera reale tutto ciò che ci circonda.
Limone. La fragranza del detersivo per i piatti che stagnava nel lavandino era sicuramente limone.
Riusciva ad infiltrarsi nel legno, passando per le intercapedini, tra i muri, sotto le sedie e perfino nelle narici di Marta, impegnata a sfiorare la colla appiccicaticcia di quella busta.
La sedia scricchiolava, interrompendo gli attimi di silenzio in cui si perdeva in mille divagazioni.

Abbiamo la cucina, anche se non è stata nominata, abbiamo la busta, la sedia e Marta ma la verità è data esclusivamente dai sensi implicati nella descrizione.
Non c’è nulla di visivo, perchè in questo caso ci siamo affidati solamente all’olfatto, all’udito e al tatto, eppure il lettore ha la scena davanti agli occhi: una ragazza legge una lettera, seduta al tavolo della sua cucina.
Il lettore non è uno stupido, anzi, nella maggior parte dei casi è più intelligente dello scrittore, perchè il tempo che lui impiega a battere le parole sulla tastiera, il lettore lo impiega leggendo e questo la dice molto lunga su tutta la questione.

Non dobbiamo mai dimenticarci che un libro è intrattenimento e l’intrattenimento è interattivo: mai dare troppo o troppo poco.
Dare il giusto al nostro pubblico, significa semplificare la narrazione con espedienti sensoriali, atti a gettare il lettore all’interno della storia, facendolo sentire parte integrante di quel magico processo che è la letteratura.

 

Ferdinando de Martino.