scia di sangue in alto mare

Scia di sangue in alto mare | PREFAZIONE | IL LIBRO OLTRE LO SCANDALO

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Cosa dire di Cristian e Veronica Papillo?

Sembrano avere tutte le carte in regola per conquistare il panorama letterario, quando in realtà a loro interesserebbe molto di più conquistare il singolo lettore.

Sono bravi, sono giovani, sono belli e innamorati. Il loro libro (Scia di sangue in alto mare) è una bomba nucleare in un armamentario letterario abituato ai petardi dozzinali.

Non mi voglio dilungare oltre… lascerò che sia la loro opera a parlare per loro.

Link PREFAZIONE: Scia di sangue in alto mare PREFAZIONE

 

BUONA LETTURA.

 

Ferdinando de Martino

Intervista a Cristian e Veronica Papillo.

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Ciao ragazzi, è un piacere avere l’opportunità di ospitare sull’Infernale due autori emergenti come voi.

In coda al vostro romanzo, che ho trovato spettacolare, ho letto i motivi che vi hanno portato a scrivere SCIA DI SANGUE IN ALTO MARE. Mi piacerebbe fare arrivare anche al pubblico dell’Infernale il vostro messaggio e le motivazioni che hanno portato alla nascita del vostro libro. Vi va di raccontarcele?

La motivazione è semplice: vogliamo che i nostri lettori si possano immedesimare nell’amore di Ettore e di Mary e di rimando nel nostro. L’ispirazione nasce circa un anno fa quando lontani a causa del lavoro ci ritroviamo a pensare al nostro viaggio di nozze e a come sarebbe potuto essere una location perfetta per l’ambientazione di un thriller. 

Personalmente ciò che ho amato di più del vostro romanzo è la sua “incatalogabilità”. Mi sono trovato davanti ad una serie di pagine estremamente erotiche, pagine thriller e thriller psicologico, tinte molto cupe in certi punti e addirittura delle venature splatter, il tutto senza mai togliere realismo alla trama principale. Avete dei modelli a cui vi ispirate? Se sì, quali sono?

Non abbiamo nessun modello. L’ispirazione siamo noi stessi, la nostra quotidianità,  i nostri gesti, il nostro sesso, la nostra passione per il vino e persino i nostri due Scottish fold.

Quanto conta la coppia e il lavoro di coppia per voi?

È fondamentale. Il lavoro è stato costruito insieme così come la nostra vita.

Quanto di voi è presente in Ettore e Mary?

Tanto. Sono presenti delle abitudini,  dei modi di fare e tutto lo “sporco” che c’è nel libro.
Ancora oggi a stesura terminata tra di noi ci chiamiamo per sbaglio con i nomi dei due protagonisti!Molte persone hanno trovato il vostro libro scandaloso, per via dei contenuti esplicitamente sessuali, mentre per quanto riguarda il sottoscritto, mi sono innamorato del lavoro già dopo la prefazione, carica di sesso e splatter. Come giudicate le critiche mosse verso il vostro lavoro?

Ogni lavoro di questo tipo riceve le sue critiche. Noi, non ce ne preoccupiamo in quanto siamo i primi a criticare tutti gli altri!Il libro è stato scritto totalmente a quattro mani o ci sono delle parti scritte da Veronica e parti scritte solamente da Cristian?

Totalmente a quattro mani, consumando litri di caffè! Tornando allo scandalo, credete che questo possa tornare utile per la pubblicità del libro o credete che potrebbe danneggiarne l’immagine?

Il libro è stato scritto prendendo spunto da emozioni personali. Quello che è nato è un prodotto forte che se ne frega della pubblicità cosi come degli scandali. 

Personalmente credo che il vostro libro abbia suscitato scalpore perché il pubblico medio crede davvero che “50 sfumature di grigio sia un romanzo erotico”, mentre il vostro che dovrebbe essere un giallo è dieci volte più erotico di quel mucchio di pagine sfumate di grigio.
Comunque, volevo farvi un ultima domanda… vi andrebbe di pubblicare qualche stralcio del vostro libro on line? Perché mi farebbe molto piacere far conoscere il vostro lavoro ai lettori del mio blog.

Aprendo una parentesi sulle 50 sfumature, noi apparteniamo a quella categoria di persone stufe di vedere nelle librerie pile di libri sul classico bello, ricco e pervertito e brutta, sfigata e asessuata.  Ettore e Mary sono erotici in quanto  marito e moglie e anche se alla maggior parte delle coppie quello che stiamo per dire sembrerà irreale, essere marito e moglie è la forma più pura e allo stesso tempo sporca dell’erotismo. Perfetto, allora vi ringrazio per l’intervista e vi auguro una buona giornata, ma non prima dell’ultima domanda (sì, lo so che l’ultima doveva essere quella precedente).
Da fan del vostro romanzo, mi sorge spontanea una domanda: avete già immaginato un possibile seguito per Ettore e Mary?

Ci sono due lavori in corso. In uno li troveremo a Parigi alle prese con un branco di stronzi e l’altro, molto probabilmente verrà ambientato nella valle del Lujo dove viviamo noi.
Questo invece è un appello che facciamo noi, a tutti gli innamorati, a quelli che ci credono davvero e a quelli che lottano per realizzare i propri progetti: noi abbiamo fatto tutto da soli e credetemi completamente e totalmente SOLI, ma la realtà è che quando accanto a sé si ha la persona che Dio ha creato per noi, si può fare qualunque cosa, anche scrivere un romanzo e vedere avverati i propri sogni.

Ferdinando de Martino.

Scia di sangue in alto mare | UN ESORDIO SPETTACOLARE.

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Navigare nel cyberspazio è un po’ come gironzolare in un vecchio mercatino di libri e dischi usati, la differenza è che i prodotti che puoi trovare nel mondo virtuale sono spesso nuovi.

Dio solo sa quanto ami la produzione indipendente del web e oggi voglio parlarvi di un prodotto eccezionale, realizzato da due autori giovani e promettenti: Cristian e Veronica Papillo.

Questo romanzo è un gioiellino della letteratura italiana e va a dimostrare che nel nostro paese c’è ancora qualcuno in grado di scrivere un libro senza aver fatto prima il D.J., l’attore o il Grande Fratello.

SCIA DI SANGUE IN ALTO MARE è un giallo, è un thriller psicologico, è un noir e anche un libro con delle forti tendenze erotiche, insomma, è tutto ciò che dovrebbe essere un buon libro.

Come molti di voi sapranno, sono un amante della costruzione dei personaggi e in questo lavoro ho riscontrato una capacità di struttura del personaggio impressionante.

Ogni comparsa, protagonista o personaggio ricorrente è descritto nei minimi dettagli caratteriali in maniera concisa e mai prolissa. Per uno scrittore questa capacità è traducibile in un semplice termine: talento.

L’universo creato da Veronica e Cristian è un universo cupo e ironico, dove nulla è ciò che sembra e l’amore rappresenta ancora una via di fuga dalla realtà.

Pagina dopo pagina, questi due autori faranno a pezzi le vostre elucubrazioni, stravolgendo la storia e giocando con la visione d’insieme come se alle loro spalle avessero almeno una decina di romanzi. Credetemi, trovare delle perle come questo libro nel web, restituisce a noi avidi lettori di letteratura con le palle, una nuova speranza.

Pur essendo in promozione col mio ultimo libro, non posso fare altro che consigliarvi la lettura di questo straordinario romanzo d’esordio.

Attualmente sono riuscito a mettermi in contatto con gli autori e spero di riuscire ad intervistarli per analizzare il loro lavoro al microscopio.

Sono estremamente curioso di scoprire come siano riusciti questi coniugi a partorire un libro così ben strutturato al primo colpo, perché sin dalle prime pagine l’impressione che ho avuto è stata quella di trovarmi davanti ad una coppia di autori ultra-navigati.

 

 

Ferdinando de Martino.

BAR-SOFIA | Filosofia da bar. #1

PREFAZIONE.

Tanto per cominciare: non sono un filosofo.

Non sono laureato in filosofia e tutto ciò che conosco e non conosco di questa materia, proviene esclusivamente dal mio striminzito bagaglio culturale e dagli studi delle scuole superiori.

Ad onor di causa dovrei precisare che i ricordi delle superiori sono alquanto annebbiati dalle canne e dalla birra.

Dio benedica lo spirito adolescenziale.

Sicuramente gli accademici e i laureati in filosofia troveranno da ridire sulle mie riflessioni, sorridendo, probabilmente, della banalità che si nasconde dietro le mie parole.

Voglio ricordare, però, che la cultura di questi accademici viene dalle borsette delle loro madri, disposte a pagare ingenti somme di denaro per permettere ai loro figli di crearsi un bagaglio culturale atto forgiare in loro una tempra morale, trasformandoli in individui migliori. Ecco… non credo che sorridere, vantando una cultura d’élite che non tutti possono vantare, per questioni economiche, sia un’azione degna d’una persona migliore della massa “ignorante” che ci circonda. Molto spesso le madri dei laureati in filosofia si accorgono dell’enorme cazzata che hanno fatto, mandando i loro figli all’università, quando al posto di eruditi e magnanimi studiosi, si ritrovano in casa dei supponenti e petulanti arrogantelli che solamente qualche cinghiata potrebbe raddrizzare.

Ricordo, inoltre, a questi accademici, che tutta questa ridondante cultura proviene da libri scritti da altrettanti accademici e credo che non ci sia bisogno di rammentare a questi geni della filosofia, che un certo Socrate detestasse con tutto se stesso i libri e l’arte dello scrivere.

Quindi, state pure sereni, Socrate avrebbe schifato sia  voi che me. Voi in quanto detentori di una cultura tratta dai libri e me in quanto scrittore.

Detto questo, auguro a tutti i non-eruditi una buona lettura.

Ferdinando de Martino.

 

Letture consigliate dall’Infernale:

 

IL BAR COME CONCETTO.

Il bar è uno dei più grandi cliché della narrativa. Cinema, letteratura tradizionale e a fumetti, televisione e teatro tendono ad utilizzare, spesso, il bar più come una sorta di concetto che come un luogo vero e proprio.

Se in un racconto o in una puntata del vostro serial preferito, un investigatore privato si trova all’interno di un bar è per via degli stereotipi che la sua figura rappresenta, rapportata al concetto di bar.

L’investigatore, al contrario del poliziotto, è quasi sempre un outsider (come spiega Poe in uno dei suoi saggi di scrittura) e come ogni outsider che si rispetti, scappa sempre da qualcosa; questo “qualcosa” potrebbe essere un passato da dimenticare, dei cari persi in qualche strano incidente e via dicendo. L’epicentro del discorso è “lo scappare”.

L’investigatore scapperà sempre da qualcosa o da qualcuno. Ora, l’escamotage del bar attribuisce allo “scappare” una nota di tragedia interiore; come se il bar fosse l’unico posto in cui l’investigatore può permettersi di “scappare” senza muoversi.

Quell’uomo avvolto dal suo trench, potrebbe bere in casa sua o addirittura nel suo studio, ma no… lui preferisce il bar.

 

BAR+INVESTIGATORE, genera  TRAGICITÀ

 

Ogni figura, nella narrativa,  ha una sua personale connotazione all’interno del bar. Una donna altolocata, che solitamente entra in un bar sempre e solo per cercare qualcuno, controllerà la polvere sul bancone e scruterà con sdegno il bicchiere di Coca Cola o acqua, che ordinerà solamente per educazione e non per sete.

L’arte, al contrario della filosofia, dev’essere lo specchio della società, mentre la filosofia rappresenta la lente d’ingrandimento di questa. Ecco perché l’arte e la filosofia sono da sempre alleate. In fin dei conti, sempre di lenti si parla.

Essendo l’arte, specchio dell’intera società, la riproduzione artistica del bar deve, in qualche modo, rifarsi all’idea reale di bar.  Questo vuol dire che il bar, altro non è che un luogo atto a stereotipizzare ogni individuo? Esatto.

Il bar è la perfetta riproduzione di una piazza greca. Al giorno d’oggi esistono molte piazze, Facebook è l’emblema di queste, ma al contrario del noto social network, il bar riesce a tirar fuori le nostre debolezze, cosa che Facebook cerca di eludere, mostrando i nostri bicipiti e le nostre cosce mentre fingiamo di essere ai Caraibi, durante un pernottamento a Spotorno.

Nei bar tutti hanno qualcosa da dire e lo fanno coi loro atteggiamenti.

Immaginate di trovarvi in questo preciso istante all’interno di un bar, diciamo… con un paio d’amici, intenti a farvi una birretta.

Vedete quel gruppo di ragazzi, lì? Due tavoli a fianco al vostro? Bene.

Sono in cinque e tutti stanno chiacchierando. L’argomento non è importante, quello che è importante è l’atteggiamento.

Se all’interno della comitiva, qualcuno inizierà ad alzare il tono della voce, magari ridendo o scherzando, ecco, quello è l’individuo più solo del gruppo. Ovviamente non sto parlando di un singolo episodio, ma di ripetute dimostrazioni di superiorità canora che andranno a dimostrare quanto da me sostenuto.

Che bisogno c’è di alzare la voce? Che bisogno c’è di essere quello che grida più di tutti, quando segna l’Inter? Che bisogno c’è di ordinare da bere con voce gutturale? La risposta è una ed una soltanto: la solitudine.

Il bar tende ad estremizzare tutto, specialmente quando si passa al secondo bicchiere; solitudine, terrore, amore, invidia, perfidia, tutto verrà estremizzato da quell’ambiente in cui la competizione è silenziosa e serpentina.

Molti sarebbero portati a credere che il più solo del locale sia il tizio che inizia a raccontare la propria vita al primo sconosciuto, ma non è così, in quanto chi ha qualcosa da raccontare, raramente alza la voce. Le tonalità alte rappresentano l’arma di chi non ha un cazzo da raccontare, perché quel poco che si ha, lo si cerca di vendere in maniera altisonante.

La voce degli ambulanti che gracchia dagli altoparlanti -Donne è arrivato l’arrotino.-, ne è la dimostrazione più eloquente.

Credetemi, amici… il bar smaschererà tutti, se gli darete il tempo di farlo.

Tutto il mio discorso si basa sull’apparenza e molti di voi saranno portati a pensare che giudicare dall’apparenza sia uno degli errori più grossolani per una persona. Beh, chi la pensa così, commette un grossolano errore di calcolo.

È stato M. Heidegger a dire -Ciò che non si manifesta nel modo in cui non si manifesta l’apparenza, non può neppure sembrare, esser parvenza.-, ed io la penso esattamente come lui.

L’apparenza descrive alla perfezione l’individualità dell’essere. Dall’apparenza possiamo dedurre i gusti musicali, le ideologie politiche e perché no, anche le tendenze sessuali.

Possiamo tranquillamente asserire che l’apparenza è, a tutti gli effetti, la carta d’identità dell’essere.

Il bar rende più semplice risalire all’essere, enfatizzando l’apparenza.

Addentrandosi in questa foresta di pensieri, si potranno scoprire una miriade di nozioni che potranno tornare utili all’animale da bar.

Il mercoledì sera, ad esempio, è più semplice rimorchiare nei bar. Prima di darmi contro, pensate a tutte le volte in cui avete rimorchiato in un bar o, se non è mai successo, pensate a tutte le volte che i vostri amici hanno rimorchiato all’interno di un bar.  Quanti di questi rimorchi hanno avuto luogo durante un mercoledì sera? Ecco.

Il motivo è semplice ed è estremamente radicato nella filosofia da bar: siamo la generazione della pausa.

Siamo i messicani delle generazioni. Prima di additarmi come razzista per aver sostenuto che i messicani siano pigri, lasciatemi il tempo di spiegare questa mia affermazione.

Chiunque sostenga che i messicani non sono pigri, o non ha mai conosciuto un messicano o non ha mai ragionato sulla derivazione del termine, spagnoleggiante, “siesta”. Se questo non bastasse, vi porterò un altro esempio.

I messicani hanno inventato uno strumento musicale chiamato Kahon, strumento che consiste, praticamente, in una scatola su cui sedersi. La musica nasce dal battere le mani sulla suddetta scatola. Ok. Dopo aver dimostrato di non essere razzista, ma solamente obbiettivo, posso tornare al saggio.

Siamo la generazione della pausa. I nostri videogiochi hanno sempre la possibilità di fermare il gioco per fumare una sigaretta e se credete che sia sempre stato così, non avete mai giocato a Pac-man.

Pac-man non aveva l’opzione pausa. Pac-man ti logorava il cervello. È per questo che i rimorchiatori degli anni ottanta uscivano di sabato e non di mercoledì; perché il fine settimana era dedicato al divertimento.

La nostra generazione ha bisogno di una pausa settimanale per “tirare avanti” e così, il mercoledì è diventato il giorno designato a questa pausa dallo stress della vita. E cosa fanno le donne quando sono stressate?

Adesso, probabilmente, mi ritroverò nella merda fino al collo: ehi, dopo i messicani non vorrai mica stereotipizzare anche le donne?

Amici, le regole del gioco non le ho fatte io… è stato il bar. Quel posto con le insegne luminose, tira fuori la verità dalle persone e se le donne sono più inclini a scacciare lo stress facendo l’amore non è colpa del sottoscritto. Gli uomini farebbero l’amore anche per scacciare l’amore stesso. Visto? siamo tutti degli stereotipi, no?

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Ferdinando de Martino.

 

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