Come nasce uno scrittore? | ANSIA | di Salvo Barbaro

salvo

Eccoci arrivati al terzo appuntamento della rubrica curata da Salvo Barbaro. In molti la stanno leggendo e questo mi riempie di felicità. Spero che anche questo nuovo capitolo possa piacere ai lettori dell’Infernale.

F. de Martino.

1 Luglio 2012

Questo è un giorno speciale, particolare, ansioso ed indescrivibile. Ho deciso di partire per Firenze in cerca di lavoro, di un’occupazione che giù ad Avellino, il mio paese natio, sembra essere diventato una chimera. Ho le famose “farfalline” nello stomaco, un’agitazione unica ed incontrollabile.
Mentre preparo il valigione da solo nella mia stanza, alzo lo sguardo per un istante ed osservo attentamente le pareti, il pavimento, l’armadio, la finestra e mi vengono in mente fugaci ricordi di adolescente, bambino, giovane timido, pauroso e a volte imbranato. Sorrido per pochi secondi, quando vengo assalito da una malinconia tremenda -Basta, cazzo, non devo pensarci!-. E puntuale come una cambiale, irrompe mia madre che mi ricorda la partenza -Come ti senti Salvo? Emozionato?
La guardo attentamente, lei mi sorride, io non accenno neanche ad una smorfia, ma butto giù una frase, semplice, schietta, sincera -La camicia a quadri estiva celeste mamma? Scusa, è sporca e mi serve. Possiamo fare qualcosa?
Lei senza problemi, ribatte -Certo amore, la lavo e in mezz’ora è pronta. Con questo caldo asciuga subito!
La ringrazio e mi dirigo in bagno, sempre e solo con un unico e costante pensiero.
È domenica, fa un caldo inimmaginabile, afoso, si suda a star fermi è ora di pranzo ed è arrivato anche mio zio a prendermi per portarmi con sé a Firenze. Siamo tutti riuniti a tavola per mangiare stessa disposizione, stessa stanza, stesse persone. Capotavola mio padre, coadiuvato alla sua destra da mia madre, fastidiosamente sugli attenti, scattosa, sorridente. Alla sinistra mio zio Maurizio, ragazzo down, fratello di mio padre, nonché grandissimo personaggio dai mille aggettivi e sfaccettature. Poi accanto a lui, io, capo basso, giocherello con la forchetta ed il piatto; poi mia nonna Rosa, donna speciale ed unica, mio fratello Maurizio con la moglie Roberta ed infine mio zio Michele, fratello di mia madre, mio autista per il viaggio, nonché datore di lavoro nella città che mi attende.
Si mangia piatti leggeri per l’occasione e per mantenere fresco l’ambiente: lasagne al forno e carne di maiale col sugo.
-Non ce la posso fare- penso dentro di me, mentre non tocco cibo ed aspetto con ansia mio zio che mi dica qualcosa sul lavoro che mi aspetta.
Solito discorso a tavola, con esordio di mio padre -Stasera c’è la finale degli europei Italia-Spagna, sicuramente ci asfaltano!
Mio fratello controbatte -Hai ragione! La Spagna è superiore.
Mio zio non dice una parola, annuisce e mangia, mangia ed annuisce, mentre io assaggio un po’ di carne, la lascio nel piatto e bevo un sorso d’acqua ghiacciata. Guardo tutti, scruto la situazione, prendo aria e rompo l’incantesimo dicendo
-Zio, allora, che devo fare esattamente?
Silenzio. Nessuno parla, nessuno emette suoni. Il fratello di mia madre, tranquillo, alza la testa dal suo fiero pasto e mi dice -Il cameriere farai, Salvo. Lavorerai mattino e sera, senza distrazioni. Poi ti spiego meglio durante il viaggio.
Dopo il silenzio, di nuovo giù a parlare della partita, mentre io ribevo un altro sorso d’acqua; mia nonna mi mette una mano sulla spalla, mi guarda negli occhi e mi dice -Tranquillo Salvo, andrà tutto bene! Le sorrido e l’abbraccio.

Salvo Barbaro.