la scopa del sistema

La scopa del sistema | Rassegna David Foster Wallace.

Ok, lo faccio!

Inizierò a scrivere una serie di recensioni a tema: David Foster Wallace.

Per chi ha già letto libri dell’autore sarà semplice capire quanto sia difficile scrivere qualcosa su David Foster Wallace, mentre chi non ha mai letto nessuno dei suoi lavori non poterà capire a pieno quanto sia complicato scrivere una recensione dettagliata dei singoli lavori di Wallace.

Iniziamo con il suo primo romanzo “La scopa del sistema”.

Scritto a soli ventiquattro anni, La scopa del sistema è il romanzo d’esordio di David Foster Wallace.

David Foster Wallace

Il livello di scrittura è talmente alto da poter essere definito “il romanzo della vita”, ovvero quel romanzo capace di marmorizzare uno scrittore nell’Olimpo della letteratura, facendo si che qualsiasi suo manoscritto venga pubblicato in futuro. Per molti scrittori “La scopa del sistema” sarebbe, appunto, “il romanzo della vita” ma per quanto riguarda David Foster Wallace, questo non è il migliore dei suoi lavori.

Questo libro è semplicemente perfetto

Partiamo con l’incipit:

Molte ragazze davvero belle hanno dei piedi davvero brutti, e Mindy Metalman non fa eccezione, pensa Lenore, all’improvviso.

Il lettore viene proiettato all’interno dell’io della protagonista e automaticamente capisce che si tratta di una donna “carina ma non bella”. Quel ( ,pensa Lenore, ) serve appunto a farci capire fin dall’inizio il punto di vista di una delle tante voci narranti della storia.

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Lo stile di quest’opera è riconducibile ai canoni del realismo isterico e del postmodernismo. I continui cambi di prospettiva e la costruzione accurata e metodica di ogni singolo personaggio è sintomatico di una mente profondamente tecnica.

In questo libro la storia, sebbene estremamente interessante, passa in secondo piano, regalando al lettore la possibilità di entrare dentro le menti di ogni personaggio, imparando a conoscere attitudini e impostazioni caratteriali grazie a lunghi flussi di coscienza e dialoghi “pulp”, tipici del postmodernismo.

La storia, teoricamente, ruota attorno alla sparizione della bisnonna di Lenore, chiamata a sua volta Lenor, ma in realtà la storia è solamente un pretesto per trasportare il lettore all’interno di quello che rappresenta meglio l’immaginario di Dawid Foster Wallace: la realtà soggettiva messa a confronto con quella oggettiva.

Non ci sono veri inizi e veri finali all’interno dei romanzi di Wallace, bensì micro universi. La struttura della Scopa del sistema è un insieme di pensieri, dialoghi, sedute psicanalitiche, trasmissioni televisive e stralci di racconti scritti da scrittori fittizi.

Personaggi come La Vache, fratello di Lenor (detto anche l’anticristo), o Vlad l’impalatore, pappagallo che inizia a parlare più del dovuto, affrontando temi che spaziano dall’erotismo fino a monologhi da fervente religioso, riescono a descrivere la singolarità grottesca che si anela all’interno della mente contorta del compianto autore.

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L’ossessione verso la costruzione dei personaggi è in Wallace il centro di un lavoro basato su di una cultura enciclopedica messa a disposizione del singolo, sulla carta, ma che stagna, nella sua totalità, in una qualche zona recondita della mente di Wallace stesso. Ho sempre trovato inquietante questa capacità mnemonica di Wallace.

Se troviamo un calzolaio all’interno di un suo libro, è probabile che Wallace avesse imparato tutto sull’arte della calzoleria, anche se il personaggio in questione fosse un calzolaio ignorante in materia.

I micro-cosmi che incontreremo all’interno delle pagine di questo libro ci faranno viaggiare nella complessità del pensiero umano, facendoci analizzare la singolarità direttamente dal punto di vista del singolo un po’ come se fossimo tutti dei guardoni emozionali.

La storia d’amore di Lenor con il suo capo Rick Vigorius, si addentra nell’oscurità dall’anima di tutte le coppie del mondo, mettendo in piazza l’ossessione d’inchiodare la persona amata più per guardarla come una semplice proprietà  che come un’entità pensante e tridimensionale.

Le opere di Wallace sono caratterizzate da un complesso strato paranoia letteraria che porterà il lettore a non capire niente per dieci, venti o addirittura settanta pagine e poi, grazie a qualche input generato da un dialogo o da un pensiero, tutto acquisirà un ordine ben preciso nella testa del lettore. Questa, secondo il mio modesto parere, è magia e non semplice letteratura.

Il titolo “la scopa del sistema” viene da una delle teorie di Lenor… no, non quella Lenore, ma la bisnonna della Lenor protagonista del romanzo.

Questo libro rappresenta il sensazionale esordio dell’autore più cervellotico del pianeta.

La scopa del sistema è il romanzo che ogni scrittore dovrebbe scrivere almeno una volta nella vita.

 

Ferdinando de Martino.

Infinite Jest. Lo scherzo infinito del più grande genio del nostro secolo.

Tempo fa scrissi un articolo su Infinite Jest, libro che mi accingevo ad iniziare con una carica emotiva simile a quella di Teseo contro il Minotauro.

Sostanzialmente Infinite Jest è esattamente quello: un minotauro di carta stampata che si perde nelle stradine dissestate dei labirinti della narrativa.  Proprio all’interno dell’opera è David Foster Wallace ad offrirci una sorta di filo d’Arianna per meglio interpretare ciò che accade all’interno del libro (il calendario del tempo sponsorizzato).


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Partiamo dal principio.

Leggere questo libro è stata una delle esperienze più complesse della mia vita per svariati motivi che andrò ad elencarvi qui sotto:

1) Mi ha costretto a non leggere altro per sette mesi (non consecutivi).

2) La difficoltà nell’estrapolare dalle singole storie raccontate, il nesso che riconducesse le suddette storie all’interno della trama estremamente particolare del romanzo è senza pari.

3) La rabbia ha giocato un ruolo centrale nella lettura del romanzo, rabbia vera e propria nel vedersi giornalmente sconfitti da un genio senza pari, rabbia nel non riuscire a dedicare al libro tutta l’attenzione che meriterebbe, rabbia per non essere in grado di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle, rabbia per tutte le note che ti troverai a leggere e rabbia verso quello strano senso di oppressione che il libro genera in chi lo legge.

4) L’alienazione a cui porta la lettura compulsiva delle pagine è del tutto simile alla paranoia, quindi  posso asserire di aver vissuto sette mesi della mia vita in uno stato paranoide.

5) Descrivere alla gente cosa si sta leggendo è praticamente impossibile.

Infinite Jest è un romanzo distopico, un giallo, un horror, un libro drammatico, un libro sulla verità e un libro sulla menzogna, un libro sulla FAMIGLIA e un libro su tutto il genere umano. La capacità dello scrittore di analizzare le singole e singolari mentalità dei personaggi è totalmente disarmante, in quanto dietro ad ogni riga del libro possiamo trovare una purezza di fondo simile a quella di un neonato e una cattiveria cruda e ai limiti del surreale.

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Personaggi come Joelle (La Donna Più Bella Del Mondo) con il volto perennemente coperto, come Hal incandenza con il suo mutismo emotivo ed alienante e personaggi spiazzanti come Mario Incandenza, rendono l’opera un vero e proprio classico contemporaneo, capace di stregare i lettori, incantando la loro mente. Molte persone sembrano quasi spiritate quando parlano di Infinite Jest, proprio perchè il libro stesso rappresenta una sorta di percorso spirituale all’interno dei noi stessi che vivono negli altri; lo so, lo so… probabilmente non riuscirete a capire tutte queste elucubrazione, ma è praticamente impossibile parlare di un libro come questo senza perdersi in divagazioni alienanti.

L’unico parallelismo che ho trovato all’interno dell’opera è quello con la serie americana Twin Peaks, serie di cui Wallace ha parlato ampiamente all’interno di “Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più)”, essendo un noto estimatore dell’opera Lynchana. Ovviamente la mia è e rimane solamente una piccola elucubrazione, ma ho sentito l’eco narrativo del “BOB” di Twin Peaks più volte in una delle tante questioni irrisolte che ruotano attorno al personaggio di James Incandenza.

Ad oggi posso asserire con tutta tranquillità che Infinite Jest è, probabilmente, il miglior libro che sia mai stato scritto, seguito a ruota da Anna Karenina di Tolstoj (autore citato anche in Infinite Jest), nella mia personale classifica mentale.

Per concludere… anzi, perchè concludere un articolo su Infinite Jest?

 

Ferdinando de Martino.