Come nasce uno scrittore | PRESTITO 2 | di Salvo Barbaro

25 Novembre 2012

Entro in una libreria. Amo il silenzio che circonda questi luoghi, adoro le persone sedute ai tavolini che leggono e non parlano, comunicano qualcosa con gli occhi, chiusi nei loro pensieri e sorrisi rilassati. Mi piace guardare i libri di nuovi autori, quelli famosi, i più letti, fantastico con la mente soltanto guardando le copertine.
Ho finito da poco il mio turno al ristorante, sono quasi le quattro del pomeriggio e ho appuntamento con mio zio per andare in banca.
-Ciccio è già tutto pronto, un paio di firme e via! – mi ha detto sottovoce la mattina, trattandomi come un principe, preparandomi con le sue mani una gustosa pizza.
Annuisco come sempre con la consapevolezza di chi sta per fare una cazzata. Resto muto per tutto il pranzo contornato dalle isterie e risate degli altri dipendenti. Quando sento che lo chiamano il Boss, dentro di me il nervosismo prende il sopravvento. Ho sempre odiato i Capi, ho sempre odiato ciò che fa parte di un clan, di una Famiglia, mi sa tanto di mafia, camorra, malavita.
Osservo i libri e penso di scappare, andare via, rinunciare a questa “trattativa” con il Boss che sicuramente non porterà altro che dispiaceri. Poi ragiono e dico, -posso stare tranquillo, tanto c’è lui ad assicurarmi su tutto!
Esco fuori, sono quasi le quattro e mezza e di mio zio nemmeno l’ombra. Poi eccolo, lo vedo in lontananza che avanza veloce, con la sua andatura ondeggiante, la pancia che gli strappa quasi la camicia, i piedi piccoli e la testa enorme. Accanto a lui suo figlio D., secco come un’alice, denti marroni e orecchie a sventola.
-E questo che ci fa qui? – penso riferendomi a mio cugino.
Sorrido amaro, con la faccia che quasi mi cade e lo stomaco che mi si contorce dalla rabbia.
-Allora Ciccio, sei pronto? – fa D. guardandomi con gli occhi falsi.
Anche lui mi chiama Ciccio, imitando il padre.
Mi fa un po’ ribrezzo perché è veramente brutto. Fa tanto il “figo” e il playboy; mi ha raccontato delle sue avventure amorose in tutta Firenze, di aver castigato più donne lui che Rocco Siffredi. Si crede anche forte e coraggioso, ma secondo me con un po’ di vento forte volerebbe via come una piuma.
Annuisco sembrando scemo. Entriamo in banca e ad attenderci c’è il direttore, amico intimo di mio zio, nonché fautore della stessa dieta. Ha una pancia che gli arriva alle ginocchia, i capelli grigi e le orecchie come quelle di un maiale. Le guancia rosse come un peperone, sicuramente ha finito di abbuffarsi dieci minuti prima. Si salutano e mi guardano mentre D. resta in disparte.
Sembra la trama di un film comico: i due compari e la vittima.
Il direttore inizia a parlare facendo mille preamboli sugli interessi e le condizioni bancarie del caso. Annuisco come sempre non capendo niente e inizio a firmare le carte. Tante carte, tantissime, infinite. La mano mi trema mentre non oso guardare in faccia i tre. Nella mia mente un solo pensiero, andare via da questo posto che mi stringe la gola e mi strangola.
-Però M. potevi far guadagnare un po’ di più questo ragazzo! Ho fatto i salti mortali per poter concedergli questo prestito! Suvvia…! – il direttore ride mentre inizia a fotocopiare tutto.
-Pezzo di merda! – penso.
Il Boss ride e all’unisono anche D. ride senza capirci nulla. Infatti non ha mai capito niente di niente.
-Fatto! Allora M., un paio di giorni e i soldi arrivano, li prelevi dal conto di tuo nipote, che in tutto questo casino, ha firmato anche la delega che ti permette di entrare nel suo conto!
Il Boss ride e io annuisco. D. ride, il direttore ride e anch’io oltre ad annuire rido.
Nessuna domanda, mi fido ciecamente dei due compari e della serpe che è alle mie spalle. Ci salutiamo, usciamo fuori. D e il Boss sono soddisfatti e quasi si fregano le mani, io ho un vuoto amaro nello stomaco e la lingua secca.
-Allora Ciccio vieni con noi? – mi fa il Boss.
-No, ho la macchina, ci vediamo stasera! – faccio mentendo.
Ho voglia di camminare, fermarmi in un bar, bere qualcosa di forte, andare da Giulia e parlare con lei. Li saluto sapendo che non sarebbe finita qui.
Salvo Barbaro.

2 Commenti

  1. francesca

    Dimmi che questa storia ha il lieto fine perché mi prudono le mani dal nervoso!

  2. Roberta

    Non è un prestito ma un vero e proprio tradimento…e tradire la fiducia è da vili, purtroppo…

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