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Mamma Rai e il bullismo stipendiato | Lo strike della Littizzetto | Ferdinando de Martino

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Mamma RAI riesce sempre a dare il buon esempio.

In un periodo in cui non si fa altro che parlare di bullismo, cyberbullismo e affini, ho assistito ad una scena da Oscar in diretta televisiva.

Non c’è niente da fare… gira che ti rigira, per quanto il tempo sia passato da quelle impiccagioni delle piazze medievali alle quali partecipavano tutti i sudditi dei vari regnanti, la formula che continua a vendere più d’ogni altro format è sempre la stessa: sbatti il mostro in copertina e prendilo in giro.

Non importa quanto sembri sincera una persona; tutto quello che esce dalla bocca dei teatranti dell’industria televisiva è -Datemi la vostra attenzione così possiamo tramutarla in ville e piscine.

Ricordate quando Luciana Littizzetto si prodigò con tutta se stessa contro gli atti di bullismo di un gruppo di studenti di un liceo scientifico? Io lo ricordo molto bene, perchè tutto ciò che ha come minimo comune denominatore il qualunquismo si stampa a fuoco nella mia memoria.

In questi giorni la stessa comica ha basato un suo intervento sulla seguente struttura:

Prendi Mickey Rourke, piazza la foto del noto attore davanti al pubblico e prendilo in giro per i suoi ritocchi, per il modo di vestire e per la sua somiglianza con una milf.

Bene… tutto regolare con lo stile RAI: oggi vende la predica contro il bullismo, domani vende il bullismo.

Qualcuno di voi saprebbe dirmi, in totale sincerità, in cosa differisce il gesto della Littizzetto da una qualsiasi gogna studentesca in cui lo studente effeminato viene preso in giro davanti ad un’intera classe?

Dai… ve lo dico io. Il bullo della scuola media ha tredici anni, non cinquanta e a livello teorico, ci si dovrebbe aspettare un po’ più di cervello da parte di una persona matura.

La comica ha definito in diretta televisiva, il noto attore, come un Rambo pronto per il gay-pride. Insomma, uno strike di categorie per l’attrice che ha deciso di emulare Salvini per intelletto a quanto pare.

Vorrei solamente dire una cosa alla Littizzetto.

Luciana, anzi, Lucianina… se vuoi assumermi come autore, potrei consigliarti un fottio di nuovi spunti se vuoi basarti sulle prese in giro a livello estetico.

Tanto per cominciare potresti sottolineare la vecchiaia della Montalcini, il volto emaciato di Freddie Mercury, la statura dimezzata di Zanardi e via dicendo.

Tuttavia vorrei ricordare alla comica nostrana che il Rambo del gay-pride ha devastato la critica con “The Wrestler” e ammaliato intere generazioni con “Nove settimane e mezzo”, mentre gli spettacolari sceneggiatori del nostro bel paese si crogiolavano nella stesura di “Ravanello pallido”.

Diamo a Cesare quel che è di Cesare e magari, se proprio vogliamo denigrare i bulli, evitiamo di fare bullismo in una televisione nazionale per la quale sono fottutamente costretto a pagare il canone.

A te la linea studio, dopo la Littizzetto contro i bulli ecco a voi Vasco Rossi che parlerà di salutismo.

Pace e odio a tutti.

 

Ferdinando de Martino

SORCI VERDI | il postmodernismo di J Ax.

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Ero molto scettico riguardo a Sorci verdi, non perché pensassi che J Ax non fosse all’altezza di un late show, ma per via della refrattarietà della RAI verso ciò che si può dimostrare troppo fuori dagli schemi.

Nel libro “Il rap spiegato ai bianchi” vengono spiegate le motivazioni che spingono questo genere musicale ad incarnare alla perfezione lo spirito del postmodernismo letterario, ecco, in questo articolo mi piacerebbe spiegare perché Sorci verdi è uno show postmoderno.

Partiamo dal suo conduttore J Ax. Alessandro rappresenta tutto ciò che a me piace in un artista e prima che tutti voi v’incazziate tirando su i vostri occhialini da hipster che ignorano anche la derivazione culturale del termine hipster, lasciatemi spiegare le motivazioni di questa mia affermazione.

J AX E SHERLOCK HOLMES.

Alessandro Aleotti (J Ax) è un onnivoro culturale. Posso affermare ciò, in quanto fan degli Articolo 31 da “È natale ma io non ci sto dentro.”. Gli onnivori culturali sono delle bestie rare e non fanno altro che nutrirsi in maniera compulsiva di tutto ciò che stuzzica vagamente la loro attenzione. Questo meccanismo di apprendimento sviluppa una sorta di deficit dell’attenzione verso tutto ciò che secondo il fruitore di contenuti, non è utile alla sua sfera vitale. Questo concetto è espresso alla perfezione in “Uno studio in rosso”, primo libro dedicato alle avventure di Sherlock Holmes.

Il nutrimento artistico di J Ax, tocca diverse branche dell’arte, dalla letteratura al cinema, dalle serie t.v. al gossip e dai titoloni di giornali ai videogiochi. Il denominatore comune è “l’ignoranza”, intesa come l’ignorare tutto il resto. Questa non è una cosa negativa, ma un semplice bilanciamento mediatico, in quanto tutti gli altri presentatori ignorano gli argomenti appena citati, argomenti che se non fosse per J Ax non sarebbero mai arrivati in televisione.

Prendiamo il linguaggio. Molti abbonati Rai avranno sicuramente pensato più di una volta, guardando il programma -Ma che cazzo ha detto questo?- e sarebbe molto semplice criticare Ax per questa motivazione, se non fosse che molte persone si ritrovano a dire -Ma che cazzo dicono questi?- ogni volta che si ritrovano davanti alle trasmissioni di Bruno Vespa. Il fatto è che questi “outsider” non sono mai stati presi in considerazione come reale fetta di mercato a cui vendere un programma. J Ax è riuscito in questa impresa, avendo portato uno snob petulante ed arrogante come il sottoscritto a guardare un programma Rai in seconda serata, capendo finalmente il linguaggio usato da un presentatore.

Non mi riferisco alla retorica del “bella zio”, quanto più al linguaggio schiettamente postmoderno di una persona attuale. Il linguaggio del postmodernismo si colloca nell’attualità costante di ciò che è o era moderno nell’immediato presente e prossimo futuro, perché in quanto figli della nostra epoca sarebbe ridicolo non sapere cosa vuol dire “trolling” o essere, come dice Ax “dei tecnoanalfabeti”.

Ci siamo sorbiti decenni e decenni di presentatori di format riciclati dagli anni cinquanta e non ci siamo mai lamentati, limitandoci a spegnere quella scatola maledetta, accendendo i nostri computer per decidere come, quando e cosa guardare per il nostro intrattenimento.

Può sembrare molto stupido ma avere un J Ax in televisione, un J Ax puro che ha dato vita ad un Show di anarcocapitailsmo come solo South Park era riuscito a fare prima d’adesso, può risollevare anche questa morale becera che ancora si cova verso chi in Italia ha le braccia tatuate e, magari, decide di pensare con la propria testa e non con quella dei nonni dei suoi nonni.

Ho rivisto molto di ciò che amo in Sorci Verdi, da Bill Hicks a Letterman, senza mai sfociare nella parodia dei grandi Show americani. Prendere ciò che è buono e, soprattutto, sano e farne un qualcosa di personale è da sempre la strategia mediatica che apprezzo più di tutte la altre.

Da umile scrittore non posso che fare i complimenti a J Ax per il lavoro svolto nella stesura di uno show che ha riportato un dissidente dell’intrattenimento televisivo come il sottoscritto a pigiare il due sul telecomando.

Sono anche io un abbonato Rai ed esigo Sucide Girls e satira mediatica in televisione.

 

P.S.

Ho scritto questa recensione perché al contrario di Wired, non sono un morto di visualizzazioni pronto a sparare merda su di una trasmissione solo perché i miei lettori si aspettano che io lo faccia. Siamo Blogger… non giornalisti.

 

 

Ferdinando de Martino