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Scrittura creativa | DESCRIZIONI CONVINCENTI | di Ferdinando de Martino

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Una delle regole basilari della scrittura è stata ampiamente descritta da autori come Hemingway: SEMPLICITÀ
Il problema della semplicità come concetto letterario è abbastanza particolare, perchè per quanto possa risultare ironico, non è semplice essere semplici.
Partiamo dal concetto di semplificazione.
Leviamoci dalla testa che semplificare voglia dire tagliare, no… tagliare vuol dire tagliare, mentre semplificare e una mera questione di punti di vista.
Per spiegare al meglio questa cosa, utilizzerò un semplicissimo esempio propedeutico alla semplificazione.
Nella narrativa contemporanea, la semplificazione è sinonimo di verità e tutto ciò che non risulta vero diventa automaticamente artefatto o complesso.
Ma come facciamo ad essere veri?

Prepariamo un soggetto per un incipit:

Una ragazza legge una lettera, seduta nella sua cucina.
Abbiamo il soggetto e adesso proveremo a realizzare in maniera veritiera questa scena, partendo da un modo grezzo di descrivere il tutto.

Marta stringeva tra le mani la carta porosa di quella lettera, contenente una risposta che attendeva ormai da troppo tempo.
La cucina era silenziosa, quasi come se stesse aspettando qualcosa di ancestrale.

Vedete? Abbiamo la cucina, la ragazza e la lettera; oltretutto abbiamo usato anche il termine “ancestrale”, quindi dovremmo essere dei fighi… invece, manca la verità.

Come arriviamo a ciò che è vero? Cambiando prospettiva.
Quando raccontiamo una storia, siamo davanti ad una tastiera. Questo è il primo errore: quando scriviamo una storia, dobbiamo essere all’interno della storia.

Se entriamo in quella cucina, vivremo l’ambiente, ma questo non vuol dire che dobbiamo metterci a descrivere ogni oggetto e sensazione, perchè Proust è già esistito. Quello che dobbiamo fare è vivere in maniera reale tutto ciò che ci circonda.
Limone. La fragranza del detersivo per i piatti che stagnava nel lavandino era sicuramente limone.
Riusciva ad infiltrarsi nel legno, passando per le intercapedini, tra i muri, sotto le sedie e perfino nelle narici di Marta, impegnata a sfiorare la colla appiccicaticcia di quella busta.
La sedia scricchiolava, interrompendo gli attimi di silenzio in cui si perdeva in mille divagazioni.

Abbiamo la cucina, anche se non è stata nominata, abbiamo la busta, la sedia e Marta ma la verità è data esclusivamente dai sensi implicati nella descrizione.
Non c’è nulla di visivo, perchè in questo caso ci siamo affidati solamente all’olfatto, all’udito e al tatto, eppure il lettore ha la scena davanti agli occhi: una ragazza legge una lettera, seduta al tavolo della sua cucina.
Il lettore non è uno stupido, anzi, nella maggior parte dei casi è più intelligente dello scrittore, perchè il tempo che lui impiega a battere le parole sulla tastiera, il lettore lo impiega leggendo e questo la dice molto lunga su tutta la questione.

Non dobbiamo mai dimenticarci che un libro è intrattenimento e l’intrattenimento è interattivo: mai dare troppo o troppo poco.
Dare il giusto al nostro pubblico, significa semplificare la narrazione con espedienti sensoriali, atti a gettare il lettore all’interno della storia, facendolo sentire parte integrante di quel magico processo che è la letteratura.

 

Ferdinando de Martino.

Filosofia da bar | Scrivi il c#### che ti pare.

Avete mai avuto una strana idea?

Parlo di quelle idee che solamente a pensarle vi sentite un po’ stupidi… figuriamoci a parlarne.

Bene… forse mi potete capire.

Avendo maturato negli ultimi anni l’intenzione di provare a dedicarmi a tempo pieno alla scrittura, mi sono trovato davanti ad un bivio: cosa voglio scrivere?

Credo che questa sia la domanda che ogni scrittore dovrebbe porsi, almeno una volta nella vita.

La risposta che mi sono dato è molto semplice -Voglio scrivere tutto quello che mi passa per la testa.-.

I miei ultimi progetti sono nati quasi tutti così… tutto ciò che ho immaginato è finito nel mio computer.

Uroboro, il mio romanzo in uscita per Eretica edizioni, il fumetto/disco musicale ZETA, scritto in collaborazione con mio cugino Daniele Nicoletti (musicista eccezionale) e una graphic novel horror, scritta e disegnata per la testata on line Yepper, dal nome Genesis.

Ho pensato e prodotto, senza domandarmi: ma questa roba piacerà a qualcuno?

Fare questo lavoro vuol dire farsi il culo più di tutti gli altri. Scrivere per siti che ti pagano 0,08 centesimi a parola, gestire un blog, produrre materiale da vendere al pubblico, mantenendo attivi una serie di servizi gratuiti, sperando di guadagnare qualcosa dalle affiliazioni e dalle pubblicità. Fare lo scrittore, senza aver partecipato al Grande Fratello o senza essere un D.J. famoso vuol dire farsi il culo.

Questo modus operandi (fai tutto quello che ti viene in mente) mi ha portato ad iniziare un saggio dal probabile nome “BAR-SOFIA”, un saggio che rapporta la filosofia al bar.

L’idea mi è venuta leggendo Thompson e il suo “giornalismo gonzo” in una notte d’estate. Se esiste il giornalismo gonzo, perché non può esistere anche la saggistica speculativa in stile gonzo?

Così ho deciso di raccogliere le mie misere nozioni filosofiche e di schiaffarle dentro ad un progetto che sconsiglio vivamente a tutti i cervellotici studenti di filosofia con la puzza sotto il naso.

Come al solito ci saranno degli estratti dedicati al web e la possibilità di comprare l’e-book, perché tutti i miei progetti in vendita rimangono in vendita, mentre ciò che viene buttato sul web è a semplice scopo illustrativo e, soprattutto, divulgativo.

Il web dovrebbe servire come interscambio d’opinioni, tipo -Bella merda che hai scritto, stronzo… tu non ne sai un cazzo di filosofia.-, o –Eri meglio quando scrivevi romanzetti pieni di sesso, droga e qualunquismo.-, tutto fa brodo… come dicono le nonne.

Ecco, il web è come il brodo, ti riscalda il pancino fino a quando non viene pisciato via.

Gli scrittori crescono esattamente come tutti gli altri artisti e sì, ho utilizzato il termine “artisti” perché dopo tanti anni sono riuscito a fare la pace con questo appellativo da strapazzo.

Passo e chiudo… adesso torno a scrivere per 0,08 fottutissimi centesimi a parola.

 

Ferdinando de Martino.

On Writing | Autobiografia di un mestere. Stephen King

Chi mi conosce bene, probabilmente, rimarrà di stucco davanti alla seguente affermazione: “On Writing” di Stephen King è la bibbia dello scrivere.

Personalmente non sono un fan del Re, sebbene abbia trovato alcuni dei suoi titoli (tra cui uno di cui sto terminando la lettura) semplicemente straordinari.

On Writing (autobiografia di un mestiere) è senza dubbio un libro basilare per chi desidera cimentarsi nel difficoltoso mestiere del produttore di buona narrativa.

Ci sono due motivi per cui reputo questo saggio sullo scrivere una vera e propria bibbia:

1 È di Stephen King, l’autore più tradotto e venduto del pianeta e se uno scrittore di narrativa è presuntuoso a tal punto da ignorare i consigli di King, probabilmente non merita il successo editoriale.

2 King è un metodico e la metodicità è l’unica vera arma di uno scrittore. Questo libro sottolinea l’importanza della metodicità nella lettura e nella scrittura e, sebbene possa sembrare una cosa banale, uno scrittore non dovrebbe mai prendere sotto gamba il continuo allenamento del suo cervello.

Prima di leggere questo saggio avevo una visione distorta del lavoro di King, lo immaginavo freddo e chirurgico, un po’ come se l’autore fosse una sorta di nemesi di Hemingway. Dopo aver letto On Writing, la mia visione è cambiata totalmente e posso asserire che, almeno nel metodo, King è diventato uno dei miei punti di riferimento.

Consiglio ad ogni scrittore ed aspirante tale, la lettura di questo saggio scritto con una mano sulla macchina da scrivere e l’altra sul cuore.

 

Ferdinando de Martino.