Marzo 2016

Notte pallida |

Notte pallida. Le notti pallide sono quelle in cui tutto il mondo sembra procedere verso una direzione ben precisa, mentre tu rimani perfettamente fossilizzato in un limbo che non si capisce se sia presente o passato.
Devo proprio comprarmi un gatto. Un cane è troppo impegnativo, mentre un gatto si può fare; quelli cagano nella sabbia per cacca di gatto, quindi non li devi portare fuori.
Certo, poi la casa inizia a puzzarti di gatto, ma la solitudine potrebbe diventare meno pesante.
Non credo che sia giusto utilizzare il termine pesantezza quando si parla di emozioni. Forse dovrei prendere le medicine. Dovrei assolutamente prendere le medicine.
Fanculo. Chissà chi era quella ragazza? Non riesco proprio a ricordare dove l’abbia vista.
Me ne stavo a inventare cazzate su Federica per farmi aiutare da Alex a scaricare le casse di Puma Cola, gli ho detto che avrebbe senza dubbio dovuto dire a Federica che era un attore teatrale, quando all’improvviso l’ho rivista dalla vetrata. Giuro, sono sicuro di averla già vista da qualche parte, ma non riesco proprio a riordinare le idee in testa.
Poco importa, siamo un fottio di abitanti su questo pianeta disperato e una faccia in più o una faccia in meno non farà certo la differenza.
Era una gran fica però, proprio una gran fica. Del tipo che scopano male. Solo le brutte scopano bene e questo si sa.
Che poi questo ragionare nell’ottica del bello e del brutto mi è sempre stato sul cazzo, perché le persone come Marta, ad esempio, ne escono sempre male, quando in realtà dovrebbero essere quelle come lei a vincerla su tutte quelle fichette rinsecchite stile Miss arredamento per interni duemila-e-qualcosa.
Si, perché quelle stronzette egocentriche e viziate dall’amore del genere umano, prima o poi dovranno fare i conti con la vecchiaia, a meno che non optino per un colpo in canna e fine dei giochi. Insomma, quando saranno brutte e vecchie, gli uomini capiranno che il carattere da figa numero uno del pianeta è una bella rottura di palle quando non c’è dietro un bel culetto sodo a sorreggere tutta quella merda.
Da vecchia Marta rimorchierà un casino, ne sono sicuro. Chissà io come sarò da vecchio?
Medicine. Acqua. E adesso che cazzo leggo?
Trovare qualcosa da leggere di non interessante sta diventando troppo difficile. Sì, perché se uno ci riflette bene, nulla è superfluo. Non è che tu ti metti a leggere “Tre metri sopra il cielo” e ti addormenti, anche lì per forza di cose c’è una costruzione dei personaggi e roba del genere. Non si possono ignorare queste cose, No?
Con chi cazzo parlo? Da solo? Devo proprio comprarmi un gatto.
Potrei sempre farmi leggere qualche cazzata dal Mac, con quella sua voce robotica da segretaria sensualmente in calore.
Magari un De Lillo, sì, un De Lillo va sempre bene. Magari non White Noise che mi sale la paranoia e mi butto a volo d’angelo giù dal terrazzo e, tra l’altro, non farei altro che la figura del testa di cazzo perché abito al primo piano rialzato. Fanculo.
Con quella ragazza ci siamo scontrati e non riesco proprio a ricordare dove… ma dove l’ho vista?
Jane Austen… perché? Perché proprio Jane Austen? C’è qualcosa nel mio modo di ragionare che certe volte mi fa saltare i nervi. Cristo santo.
Tazza di orzo e youtube; notte pallida risolta.
Certo che fa quasi male pensare a come sono arrivato fin qui. Sono le cinque passate, tutti quelli con cui sono cresciuto staranno dormendo. Medici, avvocati, impiegati, tutti sono le coperte. Devo proprio essere l’unico stronzo che non riesce a prendere sonno dopo il turno del suo lavoro del cazzo, post litio.
Il litio si prende tutto. Cosa mettiamo su youtube? Qualche video di fisica? Un concerto di musica classica da piazzare in cuffia? Aspetta… ma… quella lì è… cioè, uno si scervella ore ed ore per cercare di ricordare il volto di una persona e poi se lo ritrova a fissarlo dai video consigliati su youtube. Recensione “Orgoglio e pregiudizio”.
Quanto diavolo sono piccoli i mondi? Quelli virtuali e quelli reali. Un quarto d’ora di celebrità, ma tutti quanti dobbiamo prendere la carta da culo al supermercato per non macchiarci le mutande.

Tratto da Market 24

Per leggere l’intera opera clicca: OPERA INTERA

Ferdinando de Martino.

Dio benedica le fabbriche di bambini |

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Stavo tornando a casa dopo una serata di chiacchiere al bar, mentre la radio della macchina gracchiava la voce di Giuseppe Cruciani, della trasmissione “La Zanzara”.

Solita attitudine e solito mood di discussione, Parenzo in qualche posto angusto e tutte quelle piccole cose che ti fanno sentire a casa quando ascolti la trasmissione di Radio 24.

Ad un certo punto Cruciani tuona una delle sue frasi ad effetto -Dio benedica le fabbriche dei bambini. Danno lavoro, oltre all’opportunità di dare dei figli a chi non li può avere.

Ovviamente, iniziando ad interrogarmi sulla sua affermazione estrema, non ho potuto che dare ragione al noto conduttore radiofonico.

Che dire? La donna è un essere vivente che vi piaccia o no. Magari vorreste una donna non pensante e priva d’ogni diritto, ma in un paese in cui un uomo può donare il suo sperma, non vedo perchè la donna non possa donare il proprio utero.

Chiunque la pensi in maniera contraria dovrebbe ammettere che la sua personale concezione di donna è similare a quella di una semplice concubina o schiava. Perché in questo caso sono proprio i grandi difensori dei diritti umani a voler privare la donna del suo diritto al libero arbitrio.

Cruciani ha sottolineato, in maniera plateale, quello che dovrebbe essere più un monito che un messaggio di protesta: LE DONNE HANNO UN CERVELLO. LASCIATEGLIELO USARE.

 

Ferdinando de Martino.

The Affair | Una serie poeticamente erotica

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Per innamorarsi di “The Affair” basta guardare il primo episodio.

All’interno di questa serie tutto è ammaliante, partendo dalla struttura e arrivando alla costruzione impeccabile dei personaggi.

La linea guida dello show è semplicemente perfetta ed intrigante allo stesso tempo. Ogni episodio è diviso in due parti, una narrata da Noah e una da Alison.

Chi sono questi due personaggi?

Noah è uno romanziere\professore che convive con un enorme complesso d’inferiorità nei confronti del padre di sua moglie, un noto romanziere di successo americano.  Il lavoro gli lascia molto tempo libero per scrivere durate l’estate, ma tutto quello che Noah vorrebbe è un riconoscimento a livello letterario. Ciononostante la bella famiglia che è riuscito mettere in piedi è la nota gentile della sua armonia.

Alison è una donna che porta dentro di sé una vera e propria tragedia greca. Vive con suo marito in uno stato di perenne confusione emotiva per via di un trauma che entrambi si trascinano dentro come un macigno esistenziale.

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Una sera, Alison e Noah incontrano i loro sguardi e i rispettivi universi cambieranno irrimediabilmente. Ogni episodio verrà raccontato in differenti maniere, in vista di un evento tragico che lo spettatore intuirà sin dalla prima puntata.

I caratteri dei personaggi sono eccellenti e studiati alla perfezione. Le differenti prospettive e la drammaticità mai effimera di questo magnifico prodotto, firmato Show Time, rendono la visione di questa serie una vera e propria esperienza visiva.

 

 

 

Ferdinando de Martino.

Filosofia da bar | BAR E PAZZIA | Socrate il pazzo

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Quando ero ancora un pischello mi capitò di assistere ad una scena che solamente adesso riesco a capire realmente.
Mi trovavo a Torino, avevo assistito da poco ad un concerto dei Sex Pistols ed ero assonnato, mezzo stordito dalle canne e, cosa da non sottovalutare, inebriato dall’aver visto dal vivo quel gruppetto di uomini che negli anni passati avevano dato vita ad un genere che era riuscito ad infondere coraggio a svariate generazioni di sociopatici.
Arrivato in stazione notai un ragazzo, si muoveva in silenzio nel bel mezzo di una marmaglia di pseudo punk addormentati, tenendo in mano un accendino.
Dal nulla, illuminato dal suo accendino iniziò a gridare a squarciagola -SVEGLIA!-, facendo un baccano tale da svegliare tutti quei ragazzi insonnoliti.
Quel ragazzo è un mio amico… uno dei tanti Diogene da bar.
Ebbene sì, siamo arrivati a parlare di uno degli esponenti da me più amati della filosofia antica: Diogene di Sinope, conosciuto anche come Socrate il Pazzo.
Esattamente come il mio amico, anche Diogene di Sinope se ne andava in giro per la città con un oggetto atto a fare luce, mi pare fosse una lanterna. La differenza era che il Socrate pazzo era solito utilizzare la suddetta lanterna di giorno e non di notte come avrebbe fatto un qualsiasi altro essere umano.
Quando la gente gli si avvicinava per chiedergli cosa stesse facendo con quella lanterna in pieno giorno, secondo Diogene Laerzio (da non confondersi col Diogene in questione), lui era solito rispondere -Cerco l’uomo.-.
Che risposta fenomenale. Cerco l’uomo. L’uomo era ed è sotto gli occhi di chiunque, ma gli artifizi, le costrizioni auto indotte, la vita all’interno di una società basata su dei canoni che snaturavano e snaturano l’uomo, fa si che risulti molto difficile trovare un “vero uomo”.
Questo ragionamento potrebbe sembrare poco veritiero, quindi per provare a spiegare quanto questa linea di pensiero sia veritiera, mi basterà farvi un piccolo esempio.
Siete mai andati allo zoo? E al circo? Ecco. Avete mai pensato, guardando un elefante giocare con un pallone -Io non ho mai visto un elefante!-.
Personalmente mi è successo. Mi sono trovato al circo e ho visto un elefante e al contempo ho pensato -Questo non è un elefante. Gli elefanti non giocano a palla.-.
Quindi è possibile vedere un elefante senza effettivamente vedere un elefante, infatti Diogene nel dire -Cerco l’uomo.- intendeva dire -Cerco l’uomo che non si sia adattato alla cattività.-. La ricerca del Socrate pazzo era quella dell’uomo “vero”.
Io credo di non aver mai conosciuto nessun uomo vero, tuttavia posso asserire di aver visto uomini e donne muoversi verso la verità in brevi momenti della loro vita.
Se la vediamo con cinismo (non inteso nell’accezione pessimistica contemporanea) l’uomo si avvicina decine e decine di volte al giorno alla verità, per poi tornare immediatamente nel “non vero”.
Quando l’uomo si avvicina al vero? Prendete tre amici al bar, ognuno di loro avrà in tasca un telefonino con annessa telecamera; chi avrà una telecamera da 7 mega pixel, chi da 4, 6 e chi più ne ha più ne metta. Provate a chiedere ad ognuno di loro cos’è un pixel e attendete la risposta. La maggior parte delle persona non saprà darvi la definizione corretta di pixel.
Il tecnologico del gruppo probabilmente saprà spiegarvi che con il termine pixel si indica l’insieme degli elementi puntiformi che rappresentano un immagine visualizzata da un dispositivo elettronico.
Quando parliamo di mega pixel, invece, ci si riferisce al raggruppamento di un milione di pixel, quasi sempre in rapporto ad una macchina fotografica digitale o un apparecchio mobile dotato di fotocamera annessa.
L’uomo contemporaneo è capace di possedere 7 megapixel in tasca ed ignorare il significato. Per molti di voi questa potrà sembrare una cosa perfettamente normale, ma se proviamo a sostituire il termine megapixel con il termine “castelli”, il gioco cambierà.
Come giudichereste una persona che pur possedendo sette milioni di castelli, ignori cosa voglia dire “castello”?
Questo è l’uomo contemporaneo: un’entità che mira più al possesso che alla comprensione, mentre la natura dell’uomo dovrebbe essere per natura curiosa.
Questa involuzione è probabilmente dovuta alla cattività in cui l’uomo vive; cattività che ha trasformato l’uomo in un non-uomo. Per questo Diogene si aggirava disperato alla ricerca dell’uomo in mezzo all’uomo.
In rarissime occasioni ho visto uomini fuggire da questa estenuante ricerca del possesso per dirigersi verso la contemplazione del tutto e dell’importanza di ciò che lo circonda in relazione con se stesso. Tuttavia, quando in un bar, alleggerito da un bicchierino di troppo, un uomo inizia a domandarsi se sia giusto possedere così tanto senza nemmeno concepire il significato del “tanto” che si possiede, quell’uomo diventa uomo per almeno qualche istante.

Fine.

Vi ringrazio per aver letto questo saggio sull’infernale e spero che la vita vi sorrida in maniera filosofica.

Ferdinando de Martino