Come nasce uno scrittore ? | Dolce amaro | di Salvo Barbaro |

15 dicembre 2015

Oggi la depressione e la tristezza mi attanagliano, mi avvolgono e mi strozzano alla gola senza farmi respirare e deglutire. È quasi un mese e mezzo che non riesco a trovare lavoro, sono consapevole che stare a casa con la mia famiglia è un lusso ed un piacere ma non voglio assolutamente gravare su di loro.
Girello per il corridoio in cerca di qualcosa da fare, mi siedo al tavolo del salotto, prendo carta e penna ed inizio a elencare il da farsi: numero uno, imbiancare la ringhiera del giardino (penso che con questo freddo e con la pioggia sia impensabile adoperarmi), quindi depenno il tutto. Numero uno, l’immancabile e “fortificante” spesa, ok la farò ma adesso voglio rendermi utile nelle quattro mura. Depenno ancora. Penso, guardo il soffitto, penso ancora, guardo fuori in giardino, penso di nuovo, mi alzo dalla sedia, sbuffo, mangio qualcosa, vado in bagno, mi guardo allo specchio, scruto attentamente il mobiletto accanto al lavandino in cerca di qualcosa di rotto da riparare, ma è in perfetto stato, mio suocero sicuramente è passato prima di me e ha pensato a tutto lui.
Esco dal bagno e nel corridoio incontro Giulia, visibilmente titubante e preoccupata sul mio stato d’animo -Amore come stai? Ti vedo triste, tutto ok?
La guardo in tutta la sua bellezza, -Si piccola, tutto ok. Devo fare qualcosa in casa? C’è qualcosa da mettere a posto?
Lei mi guarda, io la guardo. Elena dorme e Vieri è a scuola. L’abbraccio e la bacio sussurrandole all’orecchio che l’amo più della mia vita. Poi la guardo negli occhi -Vita mia, voglio rendermi utile. Non voglio stare con le mani in mano aspettando che questo benedetto lavoro venga dal cielo.
-Tranquillo amore mio, tutto si aggiusterà e andrà nel migliore dei modi. Goditi questa piccola vacanza!
Le accarezzo il collo, le bacio le labbra e con il fisico la spingo in camera e sul letto disfatto l’amore prende il sopravvento.
Ci rivestiamo con tutta calma, rifletto sul da farsi, Elena si sveglia e il mio unico pensiero è di uscire, voglio uscire, voglio andare a fare una passeggiata che mi riempia la testa e lo stomaco, voglio racchiudermi nei miei pensieri e trasformarli in qualcosa di buono. Mi metto il cappotto, saluto Giulia e la piccola ed esco fuori. Il freddo mi graffia la faccia, mi sveglia come una secchiata d’acqua gelida, infilo le mani in tasca e inizio a camminare. Osservo, scruto e ammiro la bellezza del mattino, il vociare leggiadro degli anziani che parlano e borbottano tra di loro, il sorriso spensierato del macellaio che taglia delicatamente la carne, il fruttivendolo perennemente incazzato che serve la frutta alla solita cliente “rompi palle”. Il pizzicagnolo fuori dall’esercizio che fuma il suo sigaro, impreca contro i grandi supermercati che gli hanno tolto il lavoro durato anni e guarda con invidia gli altri negozi pieni di persone. Sputa a terra e mastica il tabacco amaro, con le dita in bocca e i denti che mordono le unghie.
Non faccio neanche cento metri, entro nel bar accanto casa, una sorta di piccolo corridoio dove a stento ci si possono stipare sei persone. Già mi manca l’aria, fuori ci sono dieci gradi, ma dentro, in quell’angusto e tremendo “inferno”, avverto circa quaranta-quarantacinque gradi.
–Un caffè per favore.- chiedo alla barista occhistorti-pettegola-al-quanto-antipatica. Lei con un sorriso che subito mi dà ai nervi -Ciao, come stai? Oggi fa freddo eh? Con questo tempaccio non sono riuscita nemmeno a stendere il bucato fuori. Anzi lo sai che ho fatto? Ieri sera ho mandato la lavatrice, stamani alle sei era bella e pronta, poi ho steso i panni in casa, così asciugano prima!
Ride e sorride aspettando una mia opinione sull’importante accaduto. La guardo e sorrido -Hai fatto benissimo, le dico.
–Mi daresti per favore il caffè?
Lei si passa la mano in fronte e mi fa -Giusto, dimenticavo il caffè!
Respiro profondamente e la guardo mentre “aggeggia” alla macchinetta del caffè. Lei di nuovo, con insistenza, -Allora stamattina a lavoro non troppo presto? Beato te, svegliarsi con calma e andare in ufficio tranquillamente.
Intanto dietro di me s’è formata una folla inferocita di quattro persone che aspetta d’esser servita, lei incurante continua il suo monologo -Bene, dai si vede dalla faccia che sei riposato!
La guardo e vorrei prendere la tazzina con quello “schifo” dentro e tirargliela sul viso, ma la mia galanteria prende il sopravvento, pago e vado via non guardandola nemmeno negli occhi.
-Arrivederci e buon lavoro.- grida lei, facendomi accapponare la pelle.
Deciso, ora faccio marcia indietro e gliene dico mille, poi ragiono e vado via.
Finalmente esco da quell’incubo, mi guardo intorno e noto con molto piacere che è passata solo mezz’ora dalla mia uscita. Rientro a casa, la MIA casa, apro la porta e mi rimetto a sedere in soggiorno, pensando al da farsi.

Salvo Barbaro.

2 Commenti

  1. Rita Angelelli

    E’ una situazione insostenibile per un giovane starsene a bighellonare in casa. Purtroppo di questi tempi va così. E non ci sono parole per tirare su il morale o pacche sulle spalle per infondere coraggio. A quella barista io avrei sputato in faccia, ma pensandoci bene, come hai fatto tu, forse sarebbe stato meglio continuare a ignorarla.

  2. Giorgia

    Triste verità, triste realtà che accomuna purtroppo molte persone, soprattutto giovani, dove la crisi più profonda è soprattutto psicologica. Continuare a cercare sempre senza arrendersi soprattutto se a sostenerci è l’amore per i nostri cari.

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