Perché bisogna ripartire dalla piccola editoria? | di Ferdinando de Martino

Ci sono due modi di amare in maniera attiva la letteratura: scrivere e pubblicare.

Perché in un mondo dominato dalle grandi realtà editoriali la piccola editoria continua a farsi motore di un meccanismo estenuante e spesso snervante? Ogni piccolo editore può dire la sua nel grande dibattito delle motivazioni, ma senza dubbio il contrastare l’eventualità di un deserto digitale dovrebbe essere la pietra di volta di ogni piccola realtà.

I quotidiani, la stampa che conta e maggiori canali d’informazione emulano da anni lo stile dei blogger e hanno preferito virare verso il digitale per motivi economici e di fruibilità semplificata. Guardiamo il caso di Rolling-Stone passato da bomboniera cartacea a vessillo digitale. A molti potrebbe sembrare irrilevante, ma la realtà tecnologica nasconde in sé un grande segreto: modernità e stabilità sono due cose differenti.

Il contenuto di un articolo non cambia se letto su Kindle, computer, telefono o carta. I primi tre supporti sono moderni e affascinanti, mentre il terzo è stabile; ovvero è rimasto immutato da tempi immemori, antecedenti a Gutenberg. I monaci amanuensi usavano la carta, così come la utilizzavano gli antichi egizi.

Personalmente da fan estremo del minimalismo sono propenso ad utilizzare i supporti tecnologici per fruire la letteratura che intrattiene le mie giornate e amo anche gli audiolibri, ma c’è un motivo per cui ho deciso di creare una piccola realtà editoriale. Ci arriveremo con calma.

Prendiamo gli audiolibri, ad esempio, sono sempre esistiti solo che prima venivano incisi su giradischi, musicassette e cd. Il prodotto non è cambiato, ma il suo supporto sì. Un audiolibro del 1967 risulta inascoltabile con i nuovi apparecchi tecnologici, mentre la sua controparte cartacea è identica a quelle che vengono stampate oggi. Quindi un libro del 1967 è perfettamente consultabile perché il suo supporto, ovvero il libro tradizionale, è sempre utilizzato e utilizzabile.

Non è difficile pensare che un giorno i nuovi apparecchi per la lettura renderanno obsoleti quelli attuali, facendoci perdere probabilmente intere biblioteche. Il mio desiderio era quello di segnare il mio passaggio, lasciandomi alle spalle qualcosa di concreto e consultabile anche con il passare degli anni.

Non volevo, insomma, lasciarmi alle spalle un deserto digitale. Per leggere un libro basta la luce del sole o quella artificiale, nulla di più e nulla di meno.

Tutti quei pensieri o quelle raccolte che verrebbero abbandonate alla sola digitalizzazione, grazie alle piccole realtà editoriali guadagnano l’immortalità grazie al lavoro di editor, curatori e addetti ai lavori che al contrario delle grandi realtà non sono costrette a guardare al solo guadagno, massimizzando le entrate anche a scapito della qualità.

Perché, quindi, ho scelto di fare questo lavoro? Perché lo reputo IMPORTANTE nel vero senso della parola. Perché grazie alla figura degli editori, ad esempio, possiamo ascoltare melodie di epoche in cui non era possibile imprigionare il suono, incidendolo su di un disco; tutto questo grazie alla possibilità di scrivere la musica sugli spartiti in modo che terzi potessero riprodurre quelle note nel futuro.

Il libro, inteso come oggetto o la rivista, sempre intesa come tale, hanno un’importanza storico-culturale incredibile come le statue e i dipinti.

La letteratura è quella cosa che costruisce l’architettura della nostra emotività. Ripartire dal concetto di emozione potrebbe essere un eccellente vaccino, visto questo 2020, contro la mancanza di empatia che massacra il nostro secolo, rendendolo troppo debole per affrontare ogni situazione, dalla solitudine di una pandemia agli assembramenti degli anni passati.

Ferdinando de Martino.

 

Vuoi comprare l’ultimo libro di Ferdinando de Martino: LINK AL LIBRO