Come nasce uno scrittore | IL GIORNO DEI GIORNI | di Salvo Barbaro

agosto 2015

-Salvo, penso che ci siamo!
Giulia si sta rivoltando nel letto da ore. Sono quasi le nove, fa caldo e le doglie iniziano a farsi sentire.
-Come? Di già? Ma non è presto? Cioè, il ginecologo ha detto verso il dieci!
-Salvo, si vede che Elena vuole nascere oggi! – mi dice ansimando Giulia.
Mi catapulto dal letto in un secondo. Mi vesto, vado in bagno. In un attimo sono pronto, agitato più che mai, in preda ad emozioni uniche e indescrivibili.
-Come stai? – le chiedo ogni cinque minuti.
Giulia a fatica cerca di prepararsi. Ogni tanto mi guarda e mi rassicura. Il trolley è pronto da giorni, Vieri, ignaro, guarda la tv in salotto. Si affaccia spesso alla porta della stanza per scrutare i nostri movimenti.
-Che fate? – chiede.
-Andiamo in ospedale amore, la sorella ha deciso di nascere! – gli fa Giulia.
-Sei emozionato? – gli chiedo io, accarezzandolo.
-No, sono normalissimo! Sono più emozionato che viene nonno a stare con me!
Freddo, spietato, sincero. Vieri sa come gira il mondo.
Arriva mio suocero. È più agitato di me, ma non lo dà tanto a vedere.
Ci siamo, il giorno tanto atteso è arrivato. Il mio cuore batte forte, sembra un martello pneumatico che scava dentro il pavimento dei ricordi. Penso a quando ero piccolo, alla mia infanzia, al giorno in cui sono arrivato a Firenze in preda a stupidi paure, la vita mi scorre davanti senza tregua, senza freni.
-Andiamo Salvo! – mi fa Giulia che a stento riesce a camminare.
-Chiamo l’autoambulanza? Chiamo il dottore? Ce la fai?
Lei mi fulmina con lo guardo.
–Ma che autoambulanza, dai, muoviti amore, non perdiamo tempo!
Annuisco, prendo il trolley e accompagno Giulia in macchina.
Il tragitto è silenzioso. Vado adagio con l’auto, con un occhio puntato alla strada e l’altro a Giulia, che quasi distesa, respira profondamente.
Arriviamo in ospedale. Visitano Giulia. Ecco, non è un falso allarme. Ci siamo per davvero, la piccola Elena si sta facendo strada.
Ci danno la camera. Oggi l’ospedale è strapieno. Un’infermiera sorridendo ci fa, -Mamma, papà, mezza Firenze ha deciso di nascere oggi!
Giulia continua a sudare in preda ai dolori. Io sorrido amaro pensando tra me e me, -Andiamo bene!
I dolori aumentano. Giulia strilla, sembra la ragazzina del film L’esorcista. Si contorce nel letto e le tengo la mano forte. Sudo, ho paura. Ad ogni strillo sobbalzo innervosito. Premo il pulsante per chiamare l’infermiera. Nulla, non arriva nessuno. Ripremo. Finalmente qualcuna si degna. Una ragazza visibilmente annoiata in camice azzurro, capello lungo e trucco accentuato, tipico portamento da infermiera professionale, apre la porta della stanza, -Desiderate?
Desiderate? Ma che stiamo al bar? Desiderate?
D’istinto mi viene da dire, -Un caffè per me e una camomilla per Giulia! – ma desisto. Faccio solo intendere che è arrivato il momento. Lei con tutta calma mi ripete che mezza Firenze oggi partorisce e io mi inizio ad innervosire. Le sale sono piene e dobbiamo pazientare un pochino.
Dopo mezz’ora, quando ho premuto il pulsante già per la dodicesima volta, arrivano altre due infermiere in camera. Vedono Giulia, si guardano negli occhi. –Ci siamo, portiamola giù! – fa una di queste.
Sala parto. Una decina di stanze. Si sentono le urla delle donne. Un corridoio lungo. C’è uno strano odore, paura mista a gioia. Gli uomini che sono lì hanno tutti la stessa espressione. Sorriso stralunato e la mente altrove. Tutti, ma proprio tutti pensano -Menomale non siamo donne! Per fortuna non dobbiamo sentire questo dolore atroce!-
Ci fanno accomodare in una stanza poco illuminata. Monitorano il pancione. Ci siamo. Le infermiere, tre per l’esattezza, si alternano a consolare Giulia, che in preda ai dolori e agli strilli, davvero sembra essere esausta. Sono quasi le due e trenta del pomeriggio e questo gioioso calvario dura da più di cinque ore.
Cambia posizione più volte. In piedi. Pancia in giù. Pancia in su. Di lato. Carponi. Seduta. Giulia urla, le tengo la mano che me la stringe quasi a frantumarla. Ecco ci siamo. Le infermiere si agitano. Io la guardo. Mi perdo con la testa e lo sguardo è sempre rivolto a lei. Poi all’improvviso un’infermiera mi strattona per un braccio.
-Papà sveglia! Ecco, goditi questo momento unico e raro!
Mi affaccio. Una meraviglia. Sembra retorica, ma la natura è davvero straordinaria. Il pianto di Elena si sente. Sta bene e quando l’appoggiano al petto di Giulia, finalmente mi libero in un pianto di gioia. La bambina è bellissima. La scena è stupenda. Come un’ebete la immortalo al cellulare e invio la foto a tutti.
Dopo due secondi il telefono mi squilla, sono i miei che mi chiamano. Rispondo tra le occhiatacce e i rimproveri di tutti. Dall’altro capo del telefono mio padre piange, anzi sembra guaire, mi dice che mia madre stava svenendo dalla gioia. Penso che la loro reazione come al solito sia inadeguata e stupida. Va bene la gioia per la loro prima nipote, ma tutto questo clamore lo vedo molto esagerato. Come sempre vogliono essere loro i protagonisti di tutto. Ma oggi non ci sono riusciti. Oggi è il mio giorno. Il giorno mio, di Giulia, Vieri e Elena. Benvenuta amore mio!

Salvo Barbaro.

6 Commenti

  1. Francesca

    Bellissima emozione! Hai trasmesso pienamente il tuo vissuto! Continua così!

  2. Anna D'Auria

    Mi sono commossa fino alle lacrime, mi hai fatto rivivere le fortissime emozioni del parto.

  3. Laura

    Grazie per avermi fatto vivere un amozione che io nn ho potuto vivere! Grande Salvo

  4. Pierpaolo

    La forza della vita emoziona in ogni caso, mi ha portato alle mente ricordi già vivi in me, ricordi associati a emozioni che solo chi li vive in prima persona può sentire a pelle. Grazie Salvo.

  5. Roberta

    Attimi che valgono una vita…

  6. Giulia

    Molto commovente.. complimenti..

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