Pussy Riot & Vlady… una love story estemporanea.

Pussy Riot è il nome di un collettivo punk riot grrrl (sottogenere del punk rock hardcore), impegnato principalmente nella creazione di performance estemporanee. Il gruppo, composto da Nadezhda Tolokonnikova, Yekaterina Samutsevitch e Maria Alyokhina, è giunto alla ribalta grazie ad un lungo processo con successiva reclusione carceraria e annessa scarcerazione.

La performance o protesta anti-Putin che ha generato questo pandemonio mediatico è stata messa in atto all’interno della cattedrale di Cristo Salvatore (tempio ortodosso) a Mosca.

Il tutto, perfettamente reperibile sulle più comuni piattaforme mediatiche, si può visionare comodamente dal proprio computer e giudicare in base alle proprie priorità concettuali se “l’atto brutale” di aver cantato una canzone all’interno di una  chiesa, non sia stato leggermente preso un po’ troppo sul serio dal governo russo.

Ricordiamo che perfino il patron Putin, dopo aver ricevuto una pressione mediatica pari a quella di Kate Moss ai tempi d’oro, in un intervista a Londra, espresse il suo pensiero sull’argomento, auspicando clemenza verso il collettivo Pussy Riot, smussando tutti quegli angoli che le sue opinioni avevano avuto prima della presenza delle telecamere dell’intero pianeta al suo cospetto.

Nadezhda Tolokonnikova is escorted to a police van in Moscow

L’attenzione mediatica russa che vede, al contrario, le Pussy Riot come un gruppo di terroriste sovversive e pericolosissime, ha fatto leva esclusivamente sulla blasfemia dell’atto di citare all’interno della loro canzone il Patriarca russo Cirillo 1, sviando così l’attenzione comune dal reale contesto della performance, ovvero: denunciare i presunti brogli elettorali da parte dell’allora candidato Vladimir Putin.

La Russia, seconda forse solamente agli Stati Uniti, si è sempre dimostrata maestra nello sviare l’attenzione mediatica dai reali problemi; giudicando, ad esempio, un gruppo di ragazze ventenni il vero problema terroristico del momento, in un periodo storico in cui la Russia aveva appena invaso il territorio ucraino, ignorando tranquillamente le Nazioni Unite.

Lo stesso Putin ha parlato più e più volte dei pericolosi atti anarcoidi del collettivo punk, citando la performance “Preghiera punk” e l’orgia filmata all’interno del museo di storia naturale e l’impegno di Yekaterina Samutsevitch a favore delle tematiche LBGT, senza mai menzionare la loro denuncia ai suoi presunti brogli elettorali.

Ricordiamo che il Presidente della federazione russa non è un novizio nell’arte di svincolare i concetti, basti pensare alla sua celebre frase -Berlusconi è un perseguitato solo perchè non è gay.-, pronunciata davanti ad un Prodi sgomento.

Nel 2013, durante il 20º anniversario della Costituzione russa, le Pussy Riot vennero scarcerate, dopo uno sciopero della fame e una battaglia legale all’ultimo sangue con gli occhi del mondo piazzati sulla madre Russia.

Personalmente trovo semplicemente ridicolo che per tirarsi fuori da una situazionie ai limiti del surreale, la Russia sia stata costretta ad usare l’escamotage di un “fuori tutti” in stile Monopoly. Probabilmente al prossimo caso di violazione dei diritti umani, Vladimir Putin regalerà a qualche condannato “Parco della Vittoria”.

Ferdinando de Martino.