Tutto l’amore a modo mio | Diario di uno scrittore in quarantena | F. de Martino

Quando si parla d’amore è complicato esprimere il proprio pensiero. Sono stato davvero innamorato solamente due volte.

E da quando mi sono sposato ho riflettuto molto sul concetto di amore.

In questo campo sono come quei cani che vengono maltrattati da cuccioli e per quanto si cerchi di coccolarli, finiscono irrimediabilmente per scambiare una carezza con una possibile bastonata. 

Però a conti fatti se analizzo le mie storie sono stato un grande stronzo con molte ragazze che ho illuso, esattamente come loro hanno illuso me. Non è stata una guerra impari. Il fatto è che, però, l’amore è il contrario della guerra.

Questa cosa l’ho imparata solo dopo essermi sposato. Iniziando a vedere il mondo con gli occhi di una persona dieci volte più pura di me, ovvero mia moglie.

Da buon misantropo non avrei avuto nessun problema a recludermi in casa venti giorni davanti al monitor freddo di un computer fregandomene del mondo, ma un giorno qualcuno ha messo sulla mia strada una persona che mi ha fatto capire che è tutta una questione di angolazioni.

E non parlo in senso metaforico. Durante il nostro primo appuntamento, davo le spalle al panorama di Genova e lei ad un certo punto mi ha detto “Ma come diavolo fai a sederti lì, ignorando il panorama?”

Dentro di me pensavo: quale panorama.

Poi mi sono voltato e ho visto Genova per la prima volta, nonostante vivessi in quella città da più di vent’anni. Fu meraviglioso.

Da qual momento qualcosa è cambiato. Ho accettato da buon cane maltrattato di non precludermi le carezze per il rischio di essere bastonato. Il gioco vale la candela.

Adesso sto guardando il gatto dei miei dirimpettai. O forse è la gatta? Da qui non posso dirlo con precisione, ma mi sembra che abbia delle movenze femminili, quindi credo che sia la femmina.

Parlando con loro ho scoperto che la mia dirimpettaia fa un lavoro meraviglioso. Dà da mangiare ai delfini o almeno questo è quello che ho capito io.

Immagino che per quei mammiferi lei rappresenti una sorta di divinità perché si occupa di loro e non essendo l’unica, probabilmente i delfini devono aver sviluppato una sorta di credo politeista fatto di dèi e dee a contratto determinato. 

Anche in questo vedo amore. 

Nella gabbia degli squali la questione dev’essere differente. Probabilmente loro vivono in un universo in cui chi dà loro il cibo è solo un probabile piatto più succulento ma anche loro avranno il loro modo di amare. Oppure incarnano la voglia di Prometeo di rubare agli dèi qualcosa, magari l’amore stesso.

Non so se sto imparando qualcosa da questa quarantena e da tutto questo male che ci circonda, ma so di voler mettere più amore in quello che scrivo. 

Elisa, una mia amica, ha detto che ce n’è bisogno e voglio crederle e concederle il beneficio del dubbio.

Chissà che un cinico convinto non si trasformi un giorno in un figlio dei fiori. Per il momento il mio pollice verde fa schifo quindi c’è ancora tempo.

 

Ferdinando de Martino