Un momento intimo | di Ferdinando de Martino |

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Sostanzialmente credo di essere una persona tendente al cupo e al drammatico. Non è una posa, ma una semplice constatazione.
Tendo ad analizzare con un tiepido cinismo ogni mossa ed ogni situazione della mia vita, pilotandola verso gli errori passati o quelli futuri, senza mai riuscire a godere a pieno delle note positive del momento.
Oggi stavo lavorando. L’ottantacinque per cento del mio lavoro consiste nello scrivere, mentre il restante quindici per cento è relativo alla sfera della pittura\grafica.
Ho smesso per sei anni di dipingere. Era un qualcosa di cui non sentivo necessariamente la mancanza, ma come per ogni cosa che si ha o si ha avuto dentro, si finisce sempre per tornare sui propri passi.
Se dovessi definire il mio lavoro, in generale, continuerei a definirlo: scrittura.
Senza ombra di dubbio la scrittura è la forma d’arte che mi rappresenta di più. È solitaria e si esprime al massimo solamente quando quello che fai finisce nelle mani altrui. Con la scrittura è più difficile fraintendere un “artista”, mentre con la pittura, il fraintendimento è sempre dietro l’angolo.
Forse è per questo che i critici d’arte sono intelligentissimi, mentre quelli letterari sono dei semplici scrittori che non hanno mai avuto le palle di affrontare la tastiera a muso duro.
Comunque, da qualche tempo ho ampliato la mia attività di blogger, aprendo anche una piccola sezione grafica, producendo tavole e quadri.
E oggi, proprio mentre mi trovavo a lavorare ad un ritratto su commissione, ho avuto una sorta d’illuminazione.
Stavo ascoltando Led Zeppelin IV, il colore aderiva alla tela e avevo terminato di scrivere gli articoli in programma per la giornata.
Quello era il mio lavoro: ascoltare i cazzutissimi Zeppelin, facendo delle cose in cui non ho mai primeggiato, ma nei confronti delle quali ho sviluppato uno stile personale che ha fatto sì che qualcuno decidesse di pagarmi per utilizzare il mio lavoro.
C’era gente disposta a firmare le mie parole e qualcuno a cui saltava in mente di ordinarmi un quadro ed io potevo starmene tranquillamente davanti ad un computer o ad una tela, ascoltando i Led Zeppelin.
È stato un momento molto intimo, perchè per la prima volta ero riuscito a definire sia il mio lavoro che la mia unica ambizione, denudata dai travestimenti della semantica.
Ero e sono solamente un povero stronzo a cui piacerebbe potersene stare tutto il giorno ad ascoltare i Led Zeppelin, fingendo che questo sia un lavoro serio ed onesto.

Ferdinando de Martino