Filosofia da bar #8 | CAFFÈ E RAZZISMO |

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Adesso andremo a trattare un argomento molto scottante, cercando di analizzarlo da un punto di vista filosofico: il razzismo.
Come in ogni capitolo, anche in questo partiremo dal bar.
-Scusi mi fa un macchiato caldo?
-Io vorrei un mocaccino.
-Cappuccio grazie.
-Ha del latte di soia?
-Espresso.
-Un americano, grazie.
-Un caffè d’orzo. ( prima o poi qualcuno dovrà spiegare a chi ordina un “caffè d’orzo” che l’orzo è orzo e il caffè è caffè ed ordinare un “caffè d’orzo” equivale ad ordinare un “mandarino di torta”)
-Per me doppio.
Queste sono solamente alcune delle ordinazioni che un qualunque barista riceverà durante la prima mattinata, quando l’italiano medio entrerà in un bar, deciso a prendere un caffè.
Quando invitate una persona a prendere un caffè con voi, magari per caffè intendete dire cappuccino o caffellatte, mocaccini e quant’altro ma per convenienza preferite non specificarlo. Questo atteggiamento è reputato normale se rapportato al caffè.
Proviamo adesso a rapportarlo a qualcos’altro. Per esempio, fingiamo che abbiate invitato un vostro amico o una vostra amica a mangiare una pizza fuori e una volta all’interno del ristorante designato, il vostro invitato o invitata si accorge che sul menù non compare la pizza. È probabile che questo o questa finisca per chiedervi -Ma non mi avevi invitato a mangiare una pizza fuori?
Questo fa di voi un bugiardo o una bugiarda? No. Questo fa di voi un o una qualunquista.
Molto spesso le parole che usiamo sono, per comodità, semplicemente degli input a cui la società ha modificato il significato. Il razzismo fa parte di questa categoria.
Quindi per capire il razzismo, bisognerà estrapolarlo dal suo concetto generico, cercando di analizzare cosa siamo noi rapportati al razzismo.
Diamo una nostra personale definizione di razzismo: discriminazione di una tipologia di individui in base alla loro etnia, estetica o estrazione culturale, spesso in relazione con determinati atteggiamenti derivanti dal contesto in cui sono cresciuti.
Vi va bene? Spero di sì, perché non ho voglia di mettermi a discutere sull’accademico significato del termine “razzismo” o di variazioni di genere.

Prendiamo due persone a cui viene chiesto se è giusto o sbagliato essere razzisti:

No, il razzismo è dettato dall’ignoranza.
Sì, il razzismo è intrinseco in ognuno di noi.

Entrambe queste risposte sono sbagliate.
Partiamo dalla prima. Abbiamo una persona che giudica il razzismo un preconcetto dettato dall’ignoranza e, quindi, possiamo definire questa persona un individuo non razzista.
Avendo tirato giù una definizione di razzismo, possiamo dire che questo individuo afferma di non discriminare nessuna tipologia di persona, basandosi sulla sua provenienza, etnia, e estrazione culturale con annessi comportamenti derivati.
Proviamo a porre a questo ipotetico individuo una nuova domanda -Daresti ad un ex pedofilo la possibilità di lavorare all’interno di una scuola materna?-, secondo voi cosa potrà mai rispondere?
-No, mi sembrerebbe stupido.
Quindi una persona che non discrimina nessuno, in base agli atteggiamenti provenienti di nicchie ristrette di estrazioni culturali differenti dalla sua, ha effettivamente discriminato un ex pedofilo, impedendogli di lavorare in una scuola materna. Perché l’ha fatto?
Perché reputava discriminante il fattore pedofilia, rapportato ad una scuola materna. Ovviamente il ragionamento di questo individuo è giusto, tuttavia è anche discriminante.
Poniamo una nuova domanda al nostro amico -Sposeresti più volentieri una ragazza magra o una estremamente grassa e calva?
Tutti noi conosciamo la risposta.
E questo atteggiamento non è forse discriminante verso l’estetica? Il prediligere le bionde alle rosse, non è a tutti gli effetti discriminare un gruppo, basandoci esclusivamente su di un fattore estetico o addirittura etnico? Però in questo caso la discriminazione è tollerata dal nostro individuo.
Questo dimostra che pur manifestando degli atteggiamenti riconducibili al razzismo, il nostro amico fa distinzione tra discriminazione e discriminazione; in pratica discrimina certe discriminazioni.
Se al sottoscritto chiedete -Preferisci le bianche o le nere?-, credetemi, non esiterei un solo secondo, essendo un amante del ceppo africano. Questo è, tuttavia, un atteggiamento razzista, cioè riconducibile alla discriminazione delle etnie che il sottoscritto cataloga meno belle.
Quindi, forse, il secondo interrogato aveva ragione. Il razzismo è giusto, perché intrinseco dentro di noi.
No, anche questa risposta è sbagliata. L’uomo è in grado di discriminare le persone in base ad estrazione culturale, fattori estetici, colore della pelle, nazionalità di provenienza, ideologie di base e quant’altro, ma è anche capace di generalizzare a tal punto da definire il caffè, orzo.
La risposta giusta è, probabilmente, la seguente: Il razzismo non è né giusto, né sbagliato. Il razzismo è.
È, in quanto è un termine coniato per definire un concetto, quindi, esistente.
Il razzismo esiste, esattamente come esiste l’aracnofobia o il panettone e non è né giusto, né sbagliato, in quanto il concetto di giusto e sbagliato è talmente soggettivo da essere riconducibile al rapporto generico tra orzo, caffè, mocaccino, cappuccino e latte di soia.

 

 

Ferdinando de Martino.