l’infernale

Scia di sangue in alto mare | UN ESORDIO SPETTACOLARE.

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Navigare nel cyberspazio è un po’ come gironzolare in un vecchio mercatino di libri e dischi usati, la differenza è che i prodotti che puoi trovare nel mondo virtuale sono spesso nuovi.

Dio solo sa quanto ami la produzione indipendente del web e oggi voglio parlarvi di un prodotto eccezionale, realizzato da due autori giovani e promettenti: Cristian e Veronica Papillo.

Questo romanzo è un gioiellino della letteratura italiana e va a dimostrare che nel nostro paese c’è ancora qualcuno in grado di scrivere un libro senza aver fatto prima il D.J., l’attore o il Grande Fratello.

SCIA DI SANGUE IN ALTO MARE è un giallo, è un thriller psicologico, è un noir e anche un libro con delle forti tendenze erotiche, insomma, è tutto ciò che dovrebbe essere un buon libro.

Come molti di voi sapranno, sono un amante della costruzione dei personaggi e in questo lavoro ho riscontrato una capacità di struttura del personaggio impressionante.

Ogni comparsa, protagonista o personaggio ricorrente è descritto nei minimi dettagli caratteriali in maniera concisa e mai prolissa. Per uno scrittore questa capacità è traducibile in un semplice termine: talento.

L’universo creato da Veronica e Cristian è un universo cupo e ironico, dove nulla è ciò che sembra e l’amore rappresenta ancora una via di fuga dalla realtà.

Pagina dopo pagina, questi due autori faranno a pezzi le vostre elucubrazioni, stravolgendo la storia e giocando con la visione d’insieme come se alle loro spalle avessero almeno una decina di romanzi. Credetemi, trovare delle perle come questo libro nel web, restituisce a noi avidi lettori di letteratura con le palle, una nuova speranza.

Pur essendo in promozione col mio ultimo libro, non posso fare altro che consigliarvi la lettura di questo straordinario romanzo d’esordio.

Attualmente sono riuscito a mettermi in contatto con gli autori e spero di riuscire ad intervistarli per analizzare il loro lavoro al microscopio.

Sono estremamente curioso di scoprire come siano riusciti questi coniugi a partorire un libro così ben strutturato al primo colpo, perché sin dalle prime pagine l’impressione che ho avuto è stata quella di trovarmi davanti ad una coppia di autori ultra-navigati.

 

 

Ferdinando de Martino.

Tennis, tv, trigonometria e tornado | David Foster Wallace

Andiamo dritti al nocciolo della questione: i saggi di David Foster Wallace sono sensazionali.

La capacità di analizzare le questioni, i temi e le sottigliezze della vita al microscopio filosofico/psicologico, fa di David Foster Wallace un saggista in grado di arrivare a dei picchi di precisione unici. Picchi che solamente chi cerca la matematica nella vita può concepire.

Sviscerare i contenuti, facendo a pezzi il razionale come se più che un saggista fossa uno speleologo dell’iper-razionale, era la strategia di Wallace.

David Foster Wallace

In Tennis, tv, trigonometria e tornado, l’autore esprime le sue opinioni sugli argomenti citati, con una meticolosità che di tanto in tanto riesce a mettere i brividi al lettore.

-È normale pensare così tanto, in direzioni così contrastanti col pensiero unilaterale?- è stata una delle domande che mi sono posto più e più volte leggendo i saggi dell’autore americano.

Prendiamo due brevissimi estratti in cui Wallace parla di geometria e tennis:

“Una dote ancora più grande era che mi trovavo totalmente a mio agio in mezzo alle linee rette. Neanche l’ombra della strana claustrofobia geometrica che dopo un po’ trasforma giovani e talentuosi juniores in sofferenti animali zoo.“

“Amavo la raffinata relazione delle linee rette più di ogni altro ragazzino con cui sono cresciuto. Penso che sia perché loro erano nativi di lì, mentre io mi ci ero trasferito quando ero piccolissimo da Ithaca, che era dove mio padre aveva preso il suo Ph.D. Perciò avevo conosciuto, seppure nella maniera orizzontale e semiconsapevole di quando si è bambini, era qualcosa di diverso: le colline alte e i tortuosi sensi unici dell’intero stato di New York.

Sono abbastanza sicuro che mantenni quella poltiglia informe di curve e dossi a fare da controluce laggiù in qualche anfratto lucertolesco del mio cervello, perché i bambini di Philo con cui giocavo e facevo la lotta, ragazzini che non conoscevano e non avevano conosciuto niente di diverso, non trovavano proprio nessuna traccia di assolutezza da fondazione utopistica nella disposizione planare dell’area cittadina, non ne apprezzavano per niente la precisione. (Senonché: come mai ritengo significativo che così tanti di loro siano finiti nell’esercito, a eseguire scattanti dietrofront in uniformi con pieghe affilatissime come rasoi?)“

Immaginate come possa evolversi una raccolta di saggi che analizza il tennis, la televisione, i tornado e la trigonometria se queste sono le premesse.

La parte più importante del saggio (secondo il mio parere) è quella relativa al regista David Lynch, amato da Wallace in maniera quasi compulsiva.

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Proprio in questo saggio l’autore mostre l’imparzialità del suo occhio, dedito allo studio di tutto ciò che è, anche vagamente, “studiabile”.

L’occhio esterno dà all’individuo la possibilità di osservare in maniera critica l’esecuzione di un qualcosa, in questo caso si parla della realizzazione del film “Strade perdute”.

David Foster Wallace, ammesso sul set di strade perdute per la stesura di un articolo su David Lynch, non ha parlato con il regista nemmeno una volta. Questo potrebbe sembrare assurdo a chi non ha mai letto niente dell’autore, ma non rivolgere la parola all’artista su cui si deve scrivere un articolo non era poi così azzardata come metodologia di lavoro per uno come Wallace.

la distanza, a volte millimetrica tra lui e il regista, ha dato all’autore la possibilità di scrivere un articolo sulla realizzazione di un film come se sul set non ci fosse nemmeno un giornalista.

Wallace, amante di Lynch,  riesce in qualche modo a tracciare il ritratto di un artista estremamente complesso, in maniera lineare ed iper-logica.

Personalmente, da amante di Lynch, posso asserire di aver capito molto di più David Lynch grazie al saggio di Wallace, piuttosto che leggendo il libro scritto in prima persona da David Lynch.

“A Tarantino interessa come viene strappato l’orecchio. A David Lynch interessa l’orecchio.”

Questa è la descrizione più calzante che abbia mai letto, relativa ai due cineasti americani.

La lettura di questo saggio è consigliata a tutti i lettori che annoverano fra i propri interessi almeno uno di quelli citati nel titolo dell’opera.

 

 

Ferdinando de Martino.

Il lupo e il filosofo | Letture consigliate.

Di tanto in tanto mi capita ancora di trovare dei libri in grado di stupirmi.

Questo succede quando mi trovo davanti ad un lavoro sincero. La sincerità è un qualcosa che difficilmente si può incontrare in letteratura.

Solitamente gli scrittori tendono a nascondere ciò che vogliono dire, piazzando le loro mine emotivo/esistenziali dietro ogni sorriso e smorfia dei personaggi di un romanzo o di un racconto e questo è il motivo per cui la sincerità è molto rara in letteratura.

In questo libro, al contrario, si può trovare un qualcosa che va ben oltre il concetto di sincerità letteraria.

Il lupo e il filosofo, edito da Mondadori (che di tanto in tanto pubblica roba decente, solo ed esclusivamente quando questa ha già riscosso successo oltre oceano e, quindi, non rappresenta nessun rischio editoriale)  è un piccolo capolavoro.

A metà tra speculazione filosofica e vita romanzata, il professore di filosofia  e autore di svariate pubblicazioni, Mark Rowlands, ci racconta con una purezza di spirito ai limiti del surreale, undici anni di vita passati a stretto contatto con un lupo.

Non mi dilungherò più di tanto sull’estetica dell’opera, in quanto la forte componente speculativa supera di gran lunga l’espediente narrativo, sebbene l’autore avrebbe tutte le carte in regola per dedicarsi alla narrativa di genere, almeno secondo il mio modesto parere.

Rowlands utilizza le pagine come se queste fossero delle piccole aule in cui spiegare cosa, in undici anni, lui ha imparato da Brenin, il suo lupo.

Lo studio approfondito di diverse specie animali, comparate sempre al lupo e all’uomo, da all’autore la possibilità di spiegare e definire in maniera estremamente elegante, alcuni atteggiamenti del genere umano.

Questo libro è una piccola perla in un mare di cozze radioattive, pubblicate dai grandi mostri sacri dell’editoria italiana, quindi vi consiglio vivamente di prenderlo in considerazione per le letture autunnali.

Se foste interessati all’acquisto dell’opera, vi allego il link Amazon a fine articolo.

Buona lettura.

Ferdinando de Martino

 

ZETA | un libro, un fumetto e anche un disco musicale.

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È con immenso orgoglio che mi permetto di presentare in maniera un po’ più canonica “ZETA”.

Avevo da poco terminato l’ultima stesura di un romanzo (quella da mandare agli editori), quando quella sensazione di vuotezza post-parto mi assalì come una iena avrebbe assalito una carcassa. È difficile da spiegare, ma sono sicuro che chiunque sia dedito alla creazione di libri, musiche o altro, potrà facilmente interpretare quel sentimento nel migliore dei modi.

In quei giorni iniziai la stesura di “ZETA”, ovvero, quello che doveva essere un racconto breve. Da racconto breve decisi di trasformarlo in un libro/fumetto, cioè uno di quei libri in cui certi capitoli si affidano al linguaggio più immediato e visivo del fumetto per esprimere i concetti base della storia. Tuttavia, sebbene soddisfatto della sceneggiatura, sentivo che qualcosa mancava… ma procediamo con ordine.

Il libro doveva raccontare la storia di un giornalista che, in un’epoca distopica, si sarebbe trovato a lavorare alla stesura di un reportage sulla mente più brillante e controversa del suo secolo. A quel punto mi dissi -Ma perchè non scrivere il reportage in divenire, esattamente come se lo scrivesse il giornalista in persona, mostrando la vita del giornalista stesso grazie ad un fumetto?-. Tutto questo, fomentato dal concetto di meta-letteratura mi rese immediatamente soddisfatto della mia idea, nonostante quel “qui ci manca qualcosa” continuasse a risuonare nella mia testa.

Così pensai: visto che all’interno della storia si parla anche di un disco musicale che spesso viene ascoltato dai protagonisti, perchè non creare anche un disco musicale, facendo sì che il lettore possa fisicamente ascoltare la musica assieme ai protagonisti del romanzo?

Ecco… quella era l’idea che mancava. Di lì a breve chiamai Daniele Nicoletti, musicista che stimo particolarmente, nonché mio cugino (un po’ come i Manetti Bros, ma cugini).

Iniziammo a lavorare immediatamente al progetto, lavoro che ad oggi continua fiero della sua impostazione indipendente.

Il tutto nacque infatti da una discussione tra me e mio cugino, appunto, discussione in cui descrivevamo la difficoltà che trova sempre chi produce arte a relazionarsi con case editrici ed etichette discografiche. Nulla di trascendentale, in quanto il lavoro dell’editore è di basilare importanza per la realizzazione di un libro, ma giustamente il rapporto è spesso vittima della censura del mercato; totalmente diversa dalla censura vera e propria, in quanto la “censura del mercato” certe volte si può addirittura definire sacrosanta per chi vuole campare di questi mestieri strambi.

la domanda che feci a me stesso fu la seguente -Fè… se proprio potessi realizzare un’opera a cazzi tuoi, una di quelle capace di farti dire “sì… probabilmente sarà un buco nell’acqua ma il fatto stesso di averla creata mi fa sentire più vivo”, cosa faresti?

Credetemi… la risposta a questa domanda è “ZETA”.

Così, come progetto parallelo ai miei romanzi e ai dischi di Daniele Nicoletti, abbiamo deciso di creare un disco, libro e pure fumetto… no, ma dico… avete capito?

Se Celentano fosse qui con me direbbe senza dubbio -Zeta è rock… e gli altri sono lenti.

Scherzi a parte, inizieremo d’ora in avanti a pubblicizzare l’opera, chiedendo anche a voi “pubblico del web” di darci una mano, condividendo i nostri link di tanto in tanto, facendo sì che un progetto indipendente possa esprimersi al meglio delle sue potenzialità.

 

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Ferdinando de Martino.

Leonardo Di Caprio contro gli Oscar | di Ferdinando de Martino | Malaproduction87

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Leonardo Di Caprio tuona dichiarazioni infiammate dal suo yacht attraccato alle Maldive a ridosso dell’ottantasettesima edizione degli Academy Awards.

-Non è roba che mi riguarda, gli academy intendo, io sono un attore e mi occupo di cinema… quello è solamente business.- dice l’attore, durante la vacanza presa dal set in cui starebbe lavorando assieme all’ormai fraterno Scorsese.

Non si risparmia nemmeno sui rumors che imperterriti continuano a descriverlo come il nuovo boyfriend della cantante Rihanna -Non capisco proprio di cosa stiamo parlando. Mi stai chiedendo se per caso stia uscendo con Rihanna? È questo che vuoi sapere… credevo fossi un giornalista e non una liceale.-

L’attore sembrerebbe accusare il giornalista statunitense Mc Briant (N.Y. Post) di fare gossip, quando si potrebbero trattare argomenti d’attualità come il rispetto per l’ambiente e la salvaguardia della barriera corallina.

-Di recente ho finanziato una corsa automobilistica costituita da autovetture esclusivamente alimentate ad idrogeno per sensibilizzare il popolo americano, ma se tu preferisci sapere se Rihanna è brava a letto… sì, è fottutamente grande a letto.- e ancora -Per anni ho sofferto su quella maledettissima poltrona, sperando che quella sarebbe stata la volta buona e niente. Quella statuetta non la riceverò mai e sai cosa ti dico… non me ne frega niente. Tenetevi pure le vostre statuette… io ho Rihanna.

L’attore cita anche il nostro cinema.

-Fellini era idolatrato in Italia e in America, ma quelli erano altri tempi… adesso il popolo americano volterebbe le spalle a “La dolce vita”, per guardare il seguito di Transformers. Io ho studiato ogni forma di cinema, amo il cinema polinesiano, quello argentino… insomma, il mio lavoro è un continuo studiare e studiare. Fellini è stato un genio, Benigni ha vinto l’Oscar, ma per ogni benigni esistono decine e decine di attori che agli academy non hanno nemmeno mai sentito nominare e che invece meriterebbero la loro fottutissima stella sulla Hall of fame, affianco a quella di Brando. Penso ad attori come Jerry Calà e Renato Pozzetto che in “Ragazzo di campagna” ha regalato una delle migliori interpretazioni  che il cinema abbia mai visto. Per quanto riguarda Calà, “Professione vacanze” è una delle mie serie preferite, di recente ho acquisito i diritti per farne una trasposizione americana…ovviamente lo staff originale sarà sul set assieme a me per seguire la troupe nei minimi dettagli. Il mondo dell’intrattenimento video viaggia alla velocità della luce e capire i nostri limiti e le nostre priorità è semplicemente una questione di sopravvivenza. Non me ne frega niente di quella statuetta. Io lavoro nell’arte e non nello show-business.

Ferdinando de Martino per Malaproduction87. Almost interview.

Uno scrittore contro SCIENTOLOGY. di Ferdinando de Martino

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Eccomi qua, un tempo le giornate di uno scrittore erano suddivise in metodiche bevute, chiacchiere assordanti ed attimi di segregazione spirituale davanti alla tastiera.

Come molti di voi sanno, ho da poco terminato un nuovo romanzo, attualmente in fase di correzione, revisione ecc. ecc. e quindi, ho ripreso la mia attività di blogger. Attività pagata qualche misera manciata di centesimi che regala al piccolo pubblico di questo portale, molti racconti gratis e articoli.

Il pubblico è libero di leggere i miei racconti gratuiti o di acquistare i miei libri, questo fa si che la mia carriera e tutto il mio operato sia gestito esclusivamente dal sottoscritto, in quanto questa su cui vi trovate in questo momento non è una testata stipendiata da qualche ente, privato o pubblico che sia; questo sito, vive sui libri che comprate, sui racconti che leggete e sulla pubblicità che fate se e quando ri-postate i miei articoli. Credetemi, non ci si fanno i milioni.

Essendo libero da impegni contrattuali, sono automaticamente libero di scrivere qualsiasi cosa mi passi per la testa, come ad esempio l’articolo su L. Ron Hubbard(http://linfernale.altervista.org/l-ron-hubbard-scientology-dianetica-narconon-minnie-topolino/), articolo che ha attirato alcuni esponenti della cricca di Scientology.  Ovviamente ho risposto agli insulti e agli attacchi verbali alla mia persona, postando le mail che giudicavo corrette e non postando quelle che giudicavo non adatte al pubblico.

Per mail “corrette” intendo ovviamente quelle che esprimevano un opinione contrastante alla mia, opinioni che accolgo da sempre volentieri, mentre per “non corrette” intendo quelle troppo volgari, nonostante abbia inserito anche una mail abbastanza “colorita” veniva espresso il singolare parere  -chi muove certe critiche dovrebbe essere defenestrato dal ventesimo piano-.

Ho avuto ad esempio occasione di discutere bene con alcuni e male con altri. Questo è il web e questo il giornalismo 2.0. fatto dai blogger e dagli scrittori che spesso sono mossi, al contrario dei giornalisti di professione, dalla semplice passione.

Personalmente sono è rimango uno scrittore che si diverte da anni a gestire un blog che quasi sempre produce materiale GRATUITO per i suoi lettori, come ad esempio la mia nascente serie Giallo Fascista (/http://linfernale.altervista.org/giallo-fascista-episodio-1-audioromanzo/).

Avendo, però, aperto un portale pubblico in cui spesso mi occupo di giornalismo letterario e non, sarò sempre pronto al confronto con associazioni che non rispettano quella che secondo me è l’etica tolstoiana della mia visione del mondo. Visione che, appunto, rimane mia e quindi… opinabile.

Non saranno di certo delle multinazionali del pensiero New Age ad intimorirmi, defenestrazioni a parte. Buona vita a tutti.

Ferdinando de Martino.

 

per comprare i miei libri :

LUCI SPENTE: http://ilbaccanalediferdi.altervista.org/blog/il-mio-ultimo-romanzo-luci-spente/

IL DEBILION: http://ilbaccanalediferdi.altervista.org/blog/per-comprare-i-miei-libri/

IL LIBRO DELLE STREGHE: http://ilbaccanalediferdi.altervista.org/blog/il-libro-delle-streghe/

PER LEGGERE TUTTI I MIEI RACCONTI :

http://linfernale.altervista.org/bibliografia-approssimata-racconti-romanzi/

 

L. Ron Hubbard, Scientology, Dianetica, Narconon, Minnie e Topolino

Oggi voglio esprimere la mia personale opinione sullo scrittore statunitense Lafayette Ronald Hubbard (Tilden, 1911- Creston, 1986), fondatore del movimento di Scientology.

Eviterò di parlare della vita familiare dello scrittore, soffermandomi di più sulla carriera di… di… beh, è molto difficile definire un personaggio come L.Ron Hubbard.

Personalmente giudico Hubbard alla stregua dei venditori di farmici miracolosi per la ricrescita dei capelli che in passato popolavano le piazze dei piccoli paesi. In parole povere, ho sempre reputato le teorie del padre della Dianetica, semplici sciocchezze scritte con talento.

Cercherò di esprimermi senza offendere nessuno, cosa molto difficile, in quanto quando si parla di Scientology, si finisce irrimediabilmente a parlare dei morti fatti dai centri di disintossicazione Narconon e annessi.

La Dienetica, esattamente come la “Bibbia nera” di Anton Lavey, è un libro che riesce a far presa su chiunque abbia letto poco, nell’arco della sua vita.

Come molte altre filosofie, quella di Hubbard, mette l’uomo al centro di tutto, facendo credere a questo che l’immenso potere al suo interno è solamente un potenziale inespresso che, una volta gestito al meglio, potrà regalargli una vita stupenda.

Ma come si fa ad imparare a gestire il proprio io, per migliore il proprio thetan ( il thetan è secondo Scientology, quello che i cattolici chiamano spirito)?

Semplice, bisogna pagare. Infatti, secondo Scientology, i poveri non possono divenire thetan operativi (O.T.).

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Per far parte di Scientology, bisogna accettare un lento processo di “dai tutti i tuoi beni fino a smembrarti”, il tutto ovviamente per migliorare la tua persona attraverso dei test realizzati con apparecchiature “scientifiche” che farebbero ridere perfino Pippo e Topolino.

Passiamo oltre…

Ebbene sì, perchè la divinità intergalattica Xenu, con il suo Jet Pack interstellare non è il top di Scientoloy… no, ci sono anche i centri di disintossicazione Narconon.

I centri di disintossicazione Narconon utilizzano per la disintossicazione dell’individuo, la tecnica della “detossificazione” ovvero il metodo del “purification roundown”; nomi altisonanti che consistono nel dare delle semplici vitamine ai tossicodipendenti.

Capito? Vitamine…

Perchè un tossico che assume regolarmente eroina da dodici anni, può ovviamente tornare in sesto con un po’ di vitamina C e tanti sorrisi.

Chiaramente queste tecniche, totalmente inefficaci, hanno fatto dei morti e curato una percentuale nulla di pazienti. Si stima infatti, grazie ad un meta-studio del 2008 che non esiste nessuna ricerca che attesti una qualsivoglia scientificità nelle tecniche utilizzate dai suddetti centri, facenti parte di quella meravigliosa famiglia che risponde al nome di Scientology.

Ferdinando de Martino.

Un GIALLO FASCISTA. Di Ferdinando de Martino

Cari lettori, da un po’ di tempo non mi dilettavo in un progetto narrativo “nuovo” esclusivo per il blog e per questo chiedo venia.

Mi trovavo dietro alle correzioni del mio ultimo romanzo e, credetemi, quello sì che è un lavoro estenuante. Tuttavia, avendo terminato questo lavoro, ho deciso di buttarmi immediatamente in un nuovo progetto narrativo, esclusivamente per voi lettori del blog.

Il progetto avrà il titolo di “Giallo fascista” e sarà un thriller ambientato  nel ventennio italiano.

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Metterò in questo lavoro tutta la mia passione e tutto il mio entusiasmo e se voi mi regalerete la vostra attenzione, sono sicuro che potremo divertirci, passando tutti assieme un po’ di tempo nel mondo della narrativa.

Il progetto uscirà a puntate, e tratterà l’argomento cardine della letteratura thriller… gli omicidi…

Quindi, tanto sangue e un’Italia del passato.

Personalmente sono elettrizzato all’idea di buttarmi in questo nuovo progetto, soprattutto grazie al feedback nato dalla mia vecchia serie del tanto amato Federico Nicoletti. Spero di non deludere le aspettative dei miei lettori e di guadagnare la fiducia di qualche nuovo lettore.

 

Cordiali saluti, Ferdinando de Martino.

Troppo terrone per gli americani, troppo americano per gli italiani. JOHN FANTE.

John Fante (Denver 1909, L.A. 1983) è stata la voce di una di quelle americhe impegnate a sopravvivere all’incubo americano, in un mondo in cui non si faceva altro che parlare dell’America e del suo sogno.

I suoi lavori, carichi di rabbia e vittimismo, sono una denuncia all’animo umano con la sua debolezza e la sua forza intrinseca.

Italiano d’origine, non riuscì mai a superare il suo dramma personale di “terrone” americanizzato.

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Il suo romanzo d’esordio sarà Aspetta primavera Bandini, sebbene “La strada per Los Angeles” risulti a tutti gli effetti il primo lavoro scritto dall’autore.

Questo ciclo si conclude con il capolavoro assoluto “Chiedi alla polvere”, opera che lo consacra tra i mostri sacri della letteratura mondiale.

Il lavoro di Fante è una continua beffa ai danni del buon senso di una nazione talmente grande da non riuscire a concentrarsi sulla piccolezza dei suoi abitanti. Il tema centrale del suo immaginario è proprio quell’America che tanto amava e tanto odiava, mentre in lontananza vi era un’Italia che non era mai riuscito realmente a vivere.

Troppo terrone per gli americani e troppo americano per gli italiani.

Costretto a scrivere sceneggiature per mantenere la famiglia, non abbandonerà mai la sua attitudine narrativa, sfornando lavori come “La confraternita dell’uva” e a “Ovest di Roma”.

La riscoperta delle sue opere, avviene quando in età avanzata, cieco e costretto sulla sedia a rotelle per via dell’amputazione delle gambe a causa del diabete, lo scrittore Charles Bukowski costringe la sua casa editrice a ristampare le opere di Fante.

Grazie al gesto di Bukowski, Fante rivive una parvenza di quel successo che in vita non ottenne mai realmente, nonostante la cruda bellezza dei suoi libri.

Fante apparteneva a quella tipologia di scrittori capaci di ispezionare l’animo umano con un sorriso beffardo sulle labbra. Un sorriso classico di noi italiani. Il sorriso di Fante, davanti a tutti quegli yankee privi di talento.

WILLIAM BURROUGHS. Chi ha detto che gli scrittori sono noiosi?

Spesso ci si immagina gli scrittori come dei semplici topi di biblioteca, perennemente rintanati nella loro stanzetta buia, intenti a sollevare le pagine di vecchi tomi impolverati. Questo non è il caso di William S. Burroughs, lo scrittore che divenne il padre spirituale della Beat Generation.

William S. Burroughs nasce a Saint Louis nel 1914 e muore a Lawrence nel 1997. La sua carriera di scrittore e saggista statunitense è stata in pratica sovvenzionata dalla sua famiglia, per la quasi totalità della sua vita.

Tutti gli esponenti della Beat Genetration, da Jack Kerouac e Neal Cassady, sino ad arrivare ad Allen Ginsberg, avevano imparato qualcosa da Lui, il grande padre pazzo di quella combriccola d’intellettuali che riuscì a cambiare il mondo della letteratura.

La differenza tra William Burrougs e il resto dei letterati è sostanzialmente la pazzia. Ricordiamo che a soli venticinque anni, lo scrittore decise di recidersi l’ultima falange del mignolo, ma ovviamente questa “stranezza”, nell’immaginario caotico dello scrittore americano, passa in secondo piano, cedendo il podio all’uxoricidio.

Durante una delle tante serate passate all’insegna di eroina e amfetamine, Lo scrittore decise d’improvvisarsi novello Guglielmo Tell, piazzando sul capo della moglie una mela che (secondo le sue previsioni) avrebbe sicuramente centrato. Beh, nel caso ve lo steste chiedendo… non centrò la mela.

La poetica di Burroughs è incasinata, complessa e non di facile scorrimento. Lo scrittore americano Charles Bukowski, descrisse Burroughs come lo scrittore più noioso d’America.

Le letture di Burroughs, spesso saggistica sui codici Maya e vari libri di speculazione scientifica, tracciano uno strano background culturale dell’artista. I suoi libri sembrano scritti per metà da un professore di Harvard e per metà da un gangster degli anni venti.

Tossicomane, omosessuale, assassino, criminale e meraviglioso scrittore. Tutto questo era l’autore di Jukie (la scimmia sulla schiena).

Osannato dalla cultura hippie e spesso associato ad essa, durante un intervista disse -Non potrei mai essere un hippie… io i fiori ai poliziotti li lancerei, ma con tutto il vaso.-.

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Mentre gli scrittori rattrappiti di mezzo mondo s’interessavano di letteratura, Burroughs ingurgitava funghi allucinogeni in giacca e cravatta, per farsi una personale cultura sulla telepatia; in fin dei conti non c’è da stupirsi che fosse dieci anni avanti a tutti.

Il Pasto Nudo, rimane nella mia personale classifica, il secondo libro più bello che abbia mai letto.